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64 I numeri UNO - 2024 La Svizzera è una porta che si apre sul mondo e un laboratorio del futuro. Per me non rappresenta casa più di quanto non lo siano altri paesi. Come non lo è Milano e neanche la Calabria. Non è un punto di arrivo. Piuttosto, una tappa, un incrocio in mezzo all’Europa, che dà accesso a tante opportunità. In tal senso, Ginevra gode di una posizione felice, paradossalmente più di Zurigo che pure, per il business in particolare, è anche più internazionale. Al contempo è un laboratorio per sperimentare il futuro. Forse è un bias che deriva dal mio mestiere. Uno dei punti di forza della Fondazione è di essere ancorata ad un Cantone, che per sua natura garantisce una governance rapida ed efficiente, anche perché la prossimità con i decision makers è immediata, al pari delle loro risposte. Idealmente, penso che il modello che stiamo sviluppando con la Fondazione potrebbe essere stimolante da replicare altrove. Tuttavia, la Svizzera è l’unico posto che io conosca dove penso che questo sia possibile. In un modo che, mi rendo conto, potrebbe sembrare controintuitivo, è sorprendente l’apertura mentale. Per esempio, quella che, ad un certo punto, induce alcuni svizzeri che, volendo davvero rinnovarsi, sono disposti a chiamare un calabrese a gestire la loro fondazione. Così come pure in passato, per risolvere la crisi dell’orologeria degli anni Ottanta si sono affidati alla competenza e visione di un libanese. Una porta che si apre sul mondo L’Italia è il mio cuore, è la mia identità, innanzitutto culturale, quella della mia famiglia. Ogni volta che posso, per quanto mi compete, sostengo l’Italia, e sono felice di poter aiutare gli imprenditori italiani. Principalmente perché se lo meritano. Lo verifico valutando le loro start-up, che sono davvero di eccellente qualità. Il mio auspicio è di sostenerli a rimanere in Italia, perché sono loro il futuro del Paese. La lingua di casa è l’italiano. Lo parlo con mia moglie, che è italiana, ancorché con metà della famiglia tedesca e l’altra metà francese. E naturalmente con mia figlia. È una questione d’identità, a tal punto che per mia figlia, che a breve inizierà le scuole superiori, farò di tutto per offrirle la formazione più classica e umanistica possibile. In qualche modo, e forse non è una sorpresa, proseguo nel solco delle scelte che i miei genitori, tanti anni fa, hanno già tracciato insieme a me. Una questione d’identità

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