60 I numeri UNO - 2024 Un periodo di calma e serenità, in cui suonavo molto, leggevo tantissimo e mi interessavo ad altre cose. Ho cominciato a fare psicoanalisi, meditazione e mi sono dedicato alla preghiera. Un modo di avvicinarsi al mondo interiore e spirituale, ma soprattutto di interrogarsi sulla propria umanità, che implica la capacità di essere centrati su sé stessi e, soprattutto, l’abilità di costruire connessioni autentiche con gli altri e con il mondo, in sintonia con il tempo presente. Il cuore della mia visione è che la relazione tra individui, fisica o intangibile, rappresenta la base sostenibile per il progresso, visto non solo in chiave scientifica e tecnica. Successivamente, con l’aumentare dei gradi di complessità relazionale, si evolve naturalmente anche nella dimensione della spiritualità, e si sfocia in una comprensione più profonda. L’importanza di questo aspetto è stata centrale nel mio percorso di vita ed è qualcosa che ho integrato anche nella mia attività professionale, dove mi occupo di supportare gli imprenditori nella realizzazione delle loro idee. Questo lavoro richiede infatti la costruzione di relazioni autentiche e solide, che sono tanto più efficaci quanto più si riesce a entrare in risonanza umana. Fare i conti con la propria umanità Il 2014 segna un secondo momento professionale molto importante. Una persona che non conoscevo, ma che aveva sentito parlare di me, mi chiede un incontro per sottopormi una proposta. Mi dice che nel Cantone di Ginevra, da oltre vent’anni, c’è una fondazione, la Fondation Genevoise pour l’Innovation Technologique, FONGIT, nata per iniziativa di un imprenditore il quale, prima di creare una società poi quotata in borsa, aveva alle spalle due fallimenti, che intendeva aiutare altri imprenditori, come lui, a non ripetere i suoi stessi errori. La Fondazione, che gode del sostegno del Cantone, all’epoca era piuttosto piccola e l’obiettivo era quella di farla crescere. Ho incontrato il fondatore, mi sono studiato la proposta e ho subito intuito che mi ci riconoscevo. Di fatto, mi chiedevano di trasformare la Fondazione in un veicolo che sostenesse gli imprenditori, sempre attivi in ambito tecnologico, fin dall’inizio del loro sviluppo come azienda, sia sul piano amministrativo contabile, sia nella capacità di erogare dei finanziamenti e nella ricerca di investitori successivi. Un po’ quello che facevo anni prima con il fondo di venture capital, con una fondamentale differenza: questa volta tramite una fondazione, che, proprio per la sua natura di non-profit, e perché non ha investitori ai quali rendere conto in un tempo prestabilito, può davvero essere a fianco dell’imprenditore in modo paziente, durante il suo percorso, senza mettergli eccessiva pressione. Prima di accettare posi tre condizioni: • poter diventare, come fondazione, sistematicamente azionista della società che venivano finanziate, guadagnando in termini di credibilità, condividendo i rischi ma anche i risultati del suo successo. L’anno della svolta
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