46 I numeri UNO - 2024 Se penso all’Italia, alla Sicilia in particolare, penso, l’ho già affermato più volte, che lì, ho le mie radici. Più in generale, vedo le enormi potenzialità culturali dell’isola, del Paese. Patrimonio culturale insito della storia passata. In quanto studiosa della musica barocca, ho fatto molte ricerche musicali sul periodo dal primo ‘600 alla fine del ‘700, immergendomi anche nella dimensione sociale di quell’epoca. Tra le altre cose, ho scoperto che molte erano le compositrici, spesso eccellenti e ben riconosciute dai loro colleghi. Realtà che non è purtroppo di pubblico dominio, ma, grazie anche alle numerose registrazioni discografiche, le abbiamo riportate in luce all’odierno ascoltatore. È solo un esempio legato alla mia esperienza professionale che mi induce a pensare che la forza dell’Italia stia soprattutto nel suo passato e che negli ultimi decenni non si è stati in grado di valorizzare. Una tendenza che mi pare si stia diffondendo in tutta l’Europa, dove noto un certo impoverimento culturale. E ne temo le conseguenze. Non vedo e non sento più in Italia quell’energia, quella forza motrice che nei secoli scorsi ha saputo veicolare nel mondo nuovi impulsi, nuova creatività, nuove possibilità d’espressione. La Svizzera, lo testimoniano i miei ultimi 48 anni, è diventata casa. Qui ho conosciuto mio marito e ho creato una famiglia, le mie figlie vi sono cresciute. Qui mi sono affermata professionalmente. La considero un modello di convivenza politica e sociale, di cui mi sento partecipe – sono anche cittadina svizzera - che andrebbe copiato. Ne apprezzo il diffuso senso civico, il rispetto per la natura. Ne parlo la lingua. Con le mie figlie parlo però l’italiano. Con i nipotini, che vedo troppo raramente, parlo in tedesco. Anche se, in verità, con loro facciamo molti giochi in italiano. Piano piano, in modo giocoso, un po’ lo stanno imparando. Temo l’impoverimento culturale
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