32 I numeri UNO - 2024 La musica è un linguaggio universale Sono nata in Sicilia, a Partinico, a 50 chilometri di distanza da Palermo, da padre triestino e madre siciliana. Considero le mie radici siciliane determinanti per alcune scelte che ho fatto nella mia vita. Mio padre Danilo, personalità poliedrica, educatore e attivista della nonviolenza, si era trasferito in Sicilia nel 1952, per svolgere attività sociale e ci rimase per tutta la vita. Mia madre, una donna speciale, sensibile, forte e coraggiosa, sostenne attivamente e sostanzialmente il lavoro di mio padre, ne fu il pilastro principale. Senza di lei, lui non sarebbe riuscito a fare tutto quello che poi ha fatto. Sono cresciuta a Trappeto, un Comune situato sulla costa del Golfo di Castellammare, dove mio padre nel 1968 ha costruito il Centro di formazione “Borgo di Dio”, oggi denominato “Borgo Danilo Dolci” e dove, per quasi quarant’anni, organizzò incontri, seminari, corsi anche internazionali con esperti che venivano da tutto il mondo. Dall’America e dall’Europa, ma anche da Africa e Vietnam, soprattutto negli anni in cui la guerra in Estremo Oriente animava il dibattito politico, con tutte le implicazioni sociali che ciò comportava. Al Borgo ho avuto un’infanzia estremamente bella, resa oltremodo interessante, seppur in modo inconsapevole allora, per me bambina, dagli incontri e dalle attività che animavano ed erano promosse dal Centro. Sono consapevole del fatto che quello non era il contesto tipico in cui crescevano i miei coetanei siciliani, anche se il Centro organizzava corsi e seminari per ragazzi di musica, di pittura, di mosaico, creta e quanto altro. A Monreale c’è una delle scuole di mosaico più importanti d’Europa i cui docenti tenevano corsi anche al Centro. Fatto sta, che per me era normale pranzare con persone che magari erano dei Premi Nobel, senza naturalmente avere consapevolezza di cosa ciò significasse: per me dirimente era che fossero simpatici o antipatici. Indubbiamente, non foss’altro per osmosi, essere immersa in quell’ambiente è stato molto arricchente. In qualche modo, avvertivo di essere diversa dai miei compagni di scuola. Già il fatto che io e i miei fratelli non eravamo battezzati, ci rendeva oggetto di scherno. Poi, siccome i miei genitori con noi figli parlavano apertamente di tutti i problemi, compresi quelli delicatissimi che riguardavano il loro impegno nella lotta alla mafia, sia io che i miei fratelli abbiamo fin da piccoli imparato a distinguere cosa potessimo dire o non dire pubblicamente, per esempio a scuola, luogo frequentato anche dai figli dei mafiosi. Tutto questo mi ha consentito di acquisire la capacità di gestire le situazioni potenzialmente conflittuali. In generale, sono stati vibranti gli anni della mia infanzia in Sicilia. Questione di metodo… e di apertura mentale
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