28 I numeri UNO - 2024 Per la traiettoria che ha avuto la mia vita, fin dall’indirizzo che le ha dato mio padre fin dall’inizio, non mi sono mai sentita un’emigrata, un’italiana all’estero. Non ho mai avuto quella sensazione, che i sociologi definiscono weder noch, di essere né carne né pesce, che di solito viene attribuito ai figli degli emigrati di prima generazione: stranieri in Svizzera e stranieri in Italia. Io in Svizzera, come detto, mi sono sempre sentita a casa, e in Italia mi sentivo… sempre perfettamente a mio agio: ogni volta era un full immersion in quell’italianità che per me erano gli umori e i colori locali, era la letteratura, i festival di musica jazz, erano gli spettacoli all’aperto, erano le piazze, gli incontri con gli amici di mio marito, tutti a modo loro intellettuali, nel senso che andavano tutti all’università, per questo estremamente affascinanti. Ciò non toglie che anch’io, quasi inconsciamente soffra di quella che potremmo definire la sindrome dei Secondos, come genericamente veniamo definiti noi figli d’italiani emigrati. Non lo vivo certamente come un fatto traumatico, al contrario è probabilmente uno stimolo in più ad andare avanti a fare le cose per ben, in fin dei conti ad affermarmi.. Per il lavoro che svolgo, per l’incarico che copro, non ho molto tempo libero, c’è una cosa che però coltivo da sempre con grande dedizione: le amicizie. Non quelle acquisite per ragioni di lavoro o professionali, che pur ci sono. In questo caso mi riferisco alle amicizie che mi accompagnano fin da bambina: con loro resto sempre Philomena. Con la Ph. Non è un vezzo, né un omaggio alla classicità greca. Semplicemente un lascito di un amico avvocato di mio padre, che ha sempre detto che il mio nome andava scritto con la Ph. Così è rimasto. Scritto con la Ph
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