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145 I numeri UNO - 2024 del Parma calcio, cambiato il presidente e che avevano cambiato anche idea sul mio impiego: sarei servito di più come direttore generale della squadra di calcio. Io mi ero anche mentalmente già preparato e oltre a studiare il portoghese, avevo iniziato a fare le valigie. La prima cosa che obietto è che non ho alcuna esperienza nel calcio, e poi le dimensioni del settore non paragonabili: la pallavolo femminile faceva un miliardo e mezzo di lire di fatturato, il calcio ne faceva già 50. Non vollero sentire ragioni: ero la persona adatta ad assumere quell’incarico. Contemporaneamente a me, arriva Carlo Ancelotti, che era stato grande giocatore, secondo allenatore di Arrigo Sacchi al Mondiale USA 94. Il Parma era la prima squadra di Serie A che allenava. Iniziammo insieme un percorso bellissimo. Sono rimasto a Parma, vincendo una Coppa UEFA, una Supercoppa, una Coppa Italia, arrivando seconda in un campionato. L’ultimo anno della mia permanenza ho incrociato anche a Arrigo Sacchi che era tornato a Parma, dopo Malesani che a sua volta era subentrato ad Ancellotti. Incroci professionali, al pari di quelli che poi seguiranno, che hanno segnato il modo di essere, che mi sono rimasti dentro e che mi danno una forte emozione ancora oggi. Il rapporto con la famiglia Tanzi, che durava ormai da 9 anni, s’interrompe quando mi accorgo che professionalmente non mi sento più in sintonia con le scelte della società. Fermo restando che di Stefano Tanzi continuo ad essere grandissimo amico ancora oggi. Accetto quella che si rivelerà una scelta da risvolti complicati. Cragnotti, che allora ne era il Presidente, mi convince a diventare Vicepresidente e amministratore delegato della Lazio. Una squadra con aspettative e un contesto diversi da quello che c’era a Parma. Là andavo a cena con in tifosi, a Roma un’eventualità del tutto improbabile. Resto quasi due anni, molto intensi, durante i quali conosco tre grandissimi allenatori: Zoff, Zaccheroni e Mancini. Che sceglierò più tardi, nel 2017, come commissario tecnico della Nazionale. Lascio l’incarico, per coerenza, memore di una di quelle dritte che ho ereditato dai miei genitori: mai seguire la vanagloria e neppure il denaro. Me ne sono andato al momento giusto, in rottura con Cragnotti, al quale riconosco il merito di essere stato un condottiero di una squadra in un contesto complicato in una città che al 90% era ed è romanista. Una scelta di coerenza

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