144 I numeri UNO - 2024 Era il ’92, non avevo ancora compiuto 28 anni, e, per quanto consapevole che mi sarei trovato a gestire una situazione difficile e che “Nemo propheta acceptus est in patria sua”, decido di tornare a Matera. Lo sponsor della squadra era la Parmalat. Dopo aver vinto il grande Slam, decido con la capitana della squadra, Annamaria Marasi, vado a parlare con i proprietari, la famiglia Tanzi, e li convinco ad acquistare la società. Ripianano tutti i debiti e vincemmo quattro scudetti, due coppe campioni, quattro coppe Italia, supercoppe europee diventando un caso sportivo e sociale: non si era mai vista una cosa del genere nel Sud Italia, soprattutto in campo femminile. In effetti, questa squadra, di ragazze brillanti e di grande attrattiva, era unicum, che ha avuto un’influenza positiva anche sui costumi, invero ancora molto castigati, in quello specifico contesto sociale del nostro Meridione. L’anno in cui inizia la mia avventura con la pallavolo femminile – la squadra si chiamava Latte Rugiada, il nome della centrale di latte di Matera rilevata dalla Parmalat – è stato anche l’anno in cui la città è diventata patrimonio UNESCO. Posso dire di essere stato in qualche modo testimone, e seppur in minima parte, attore di un doppio riscatto: quello della città additata come vergogna d’Italia e quello di una squadra femminile straordinariamente vincente. Doppio riscatto Per me sono stati anni formidabili. Lavorare nel settore femminile, in quello che all’epoca era l’anello più debole della filiera sportiva, ma anche sociale e culturale, con un gruppo di donne straordinarie, italiane e straniere, è stata un’esperienza che mi ha arricchito parecchio. Ha consolidato in me la convinzione, che mi avrebbe sempre accompagnato di quanto complementari siano il talento maschile e quello femminile. A Matera resto 4 anni. Tutti i miei cicli professionali sono durati 4-5 anni al massimo. Sono infatti convinto che il ciclo di un manager nello stesso ruolo, non nella stessa azienda, non possa durare più di 4 o 5 anni. Perché poi c’è un fisiologico adattamento, perdi gli stimoli, finisci schiacciato nella comodità tua comfort zone e tu stesso diventi il limite e il tappo per la crescita. Quindi, trascorsi 4 anni, mi rivolgo alla famiglia Tanzi e dico loro: grazie a voi la società è sana, la squadra è vincente ed è un patrimonio del Sud e dello sport italiano. Loro erano sportivamente impegnati anche su altri due fronti: nel calcio con il Parma e nella Formula 1 con la Brabham, che era basata in Brasile. Mi dicono, sei giovane, avevo 31 anni, non hai famiglia e mi propongono di andare in Brasile ad occuparmi di Formula 1. A quell’età l’idea di andare in Sud America, in quelle condizioni, era straordinariamente stimolante. Mi stavo preparando al passaggio di consegne, dopo aver vinto la seconda Coppa dei Campioni ed essere stato nominato presidente della Lega Pallavolo Femminile, quando la famiglia Tanzi mi richiamò. Venni informato che avevano rivoluzionato tutta la struttura Formidabili quegli anni
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