libro-NR1-2024

122 I numeri UNO - 2024 Aperta sul mondo Sono nata a Monza, da madre romana e padre calabrese. La mia famiglia d’origine era peripatetica: mio nonno era ufficiale di marina e mio padre aveva vissuto in varie parti d’Italia. Quando sono nata io, i miei vivevano a Milano, ma poco dopo la mia nascita si sono trasferiti in Lussemburgo, dove mio padre era funzionario europeo. Sono cresciuta tra Lussemburgo e Roma, e, fin da piccola, ho fatto la pendolare fra le due città. È anche per questa ragione che tendo a definirmi cittadina europea. Le scuole dell’obbligo le ho frequentate a Roma. Quelle superiori a Lussemburgo alla Scuola Europea, in un contesto internazionale plurilingue, incentrato molto sui valori europei. La scuola non offriva un indirizzo vero e proprio, sul tipo del liceo classico o dello scientifico. Ricordo che, al momento della scelta delle materie principali, avevo optato per matematica avanzata e italiano avanzato. La mia formazione ha sempre viaggiato su un binario scientifico-umanistico. Con il senno di poi posso dire che quella è stata un’esperienza formativa privilegiata. L’università l’ho fatta a Milano, alla Bocconi, dove ho frequentato i quattro anni di un corso multidisciplinare che si chiamava, e penso si chiami ancora, Discipline Economiche e Sociali. Sono stati anni interessanti, estremamente ricchi: di amicizie, di contatti, di idee. Ci ho ripensato recentemente, quando sono tornata a Milano per i trent’anni dell’immatricolazione e mi sono un po’ riconnessa a quel periodo universitario, rivivendo le emozioni e l’entusiasmo dei vent’anni. Decidere di andare alla Bocconi credo sia dipeso dal fatto che i miei genitori, in ogni caso, fossero molto legati all’Italia e desideravano che studiassi lì. Sicuramente per nulla estranea a quella scelta anche l’aurea di eccellenza e di internazionalità di cui godeva, e ancora gode, questa Università. Il corso di laurea che ho scelto all’epoca, molto quantitativo, con statistica, econometria, ma anche con filosofia e sociologia, mi attirava per quel senso di apertura su prospettive ampie. Puntavo, infatti, ad avere un certo margine d’azione e a non specializzarmi troppo presto.

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