110 I numeri UNO - 2024 Il mio pubblico è soprattutto germanofono. E questo nonostante le mie canzoni siano in italiano. Mi sono chiesto molte volte quale fosse la ragione. Molto probabilmente perché, culturalmente parlando, il discorso che volevo fare io era più affine ai miei coetanei svizzeri e anche tedeschi, piuttosto che a quelli con cui condividevo l’appartenenza nazionale e la lingua, ma, salvo rare eccezioni, non condividevo l’esperienza. Le ragioni stesse del mio arrivo in Svizzera non avevano nulla a che fare con quelle che avevano determinato i flussi migratori di tutti quegli italiani che si erano trasferiti nella Confederazione nei decenni del Secondo Dopoguerra. Inoltre, bene presto mi sono reso conto di avere l’ambizione di essere al contempo il prodotto e il produttore di qualcosa che nasceva, si sviluppava e cresceva in Svizzera. Una fatica bestiale, perché tutto questo io lo volevo senza snaturare me stesso, rimanendo fedele alla mia lingua, ai miei temi, ai miei interessi. Non volevo imparare lo svizzero tedesco, neppure essere uno svizzero tedesco: non ne avrei avuto il talento, ma soprattutto non sarei stato io. Desideravo affermarmi sulla scena musical-teatrale svizzera, proponendomi come un interprete autentico di una certa italianità e capivo che era possibile. Le premesse c’erano. D’altronde da Goethe in poi, era riconosciuta l’attrazione, che l’area germanofona provava nei confronti di tutto ciò che è espressione del mondo italiano. A distanza di anni, caratterizzati da un lavoro certosino nella costruzione di relazioni e di contatti curati anche individualmente, posso dire che grazie alla mia musica e alle mie canzoni ho guadagnato migliaia di persone alla nostra cultura e alla nostra lingua. È una cosa di vado fiero. È con questa attitudine, con questa aspirazione che ad un certo punto ho cominciato a collaborare con artisti locali, come Bardill, che è stato il primo, ma poi con Konstantin Wecker, Werner Schmidbauer e Martin Kälberer in Germania e via via tanti altri, con cui ho intrapreso collaborazioni durature, realizzato album e condiviso tournée. Loro si innamoravano della mia musica, l’italiano è sempre una bella lingua e la canzone d’autore italiana è un’espressione artistica importante. Con loro e grazie a loro ho potuto raggiungere pubblici che da solo non avrei mai avvicinato. Qualcosa di analogo è successo in Francia, con le collaborazioni con George Moustaki o, più recentemente, con Célia Reggiani, la figlia di Serge. Italianità da esportazione
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