libro-NR1-2024

104 I numeri UNO - 2024 Tutto il mondo Non è paese Sono nato a Palermo, all’anagrafe registrato come Giuseppe Edoardo. Nel capoluogo siciliano ho vissuto fino a 23 anni. Lì, ho frequentato le scuole dell’obbligo, il liceo e iniziato anche l’università, iscrivendomi a giurisprudenza. Decidere di fare lo scientifico, anziché il classico, è derivato dal fatto che a quel tempo, fine anni 70, stava maturando la convinzione il liceo scientifico offrisse maggiori e migliori sbocchi professionali, rispetto al classico, che era visto come passatista, espressione di una preparazione ancorata ai tempi che furono. Pertanto, poco adatto a formare giovani proiettati verso il futuro. I miei genitori appartenevano a quella generazione che ha vissuto la propria infanzia durante la Seconda Guerra Mondiale, con tutti i problemi che ne sono derivati, ed è diventata adulta nel bel mezzo del fermento da ricostruzione. Provenivano dalla provincia, come tutti quei giovani che in quegli anni cercavano in città una prospettiva di vita. Mia madre era casalinga, mio padre trovò un’occupazione in un ufficio specializzato in recupero crediti, dove lavorava affiancato da un team di legali. Un’attività che era tipica di quel particolare momento storico, che siamo soliti chiamare ‘boom economico’, durante il quale si era diffusa la pratica degli acquisti a rate o tramite cambiali, conosciute anche con il nome evocativo di ‘pagherò’. Oggetti di particolare desiderio, quegli elettrodomestici, tipo lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi, ritenuti simboli della modernità. Stante che spesso le cambiali erano considerate un modo per dilazionare il pagamento (pagherò, appunto) sine die o addirittura per evitarlo, ecco che il recupero crediti, in modo particolare fra gli anni ‘50 e ‘70, era un’attività molto richiesta. Ottenuta la maturità nell’82, in una Palermo dilaniata da una feroce guerra di mafia, non avendo io alcuna inclinazione per le materie scientifiche, cercai di individuare un percorso universitario che si articolasse attorno al valore della parola, intesa proprio come manufatto. Accarezzai l’ipotesi di studiare giornalismo, ma a Palermo quella facoltà non c’era. C’era a Roma, ma l’eventualità di andare a studiare nella Capitale fu cassata dai miei genitori. Non mi rimaneva che giurisprudenza, in fin dei conti, era strettamente connessa all’arte oratoria. Inoltre, mio padre vedeva di buon occhio che io diventassi avvocato e magari entrassi nell’ufficio con il quale lavorava. Le cose poi sono andate diversamente. Da studente, coltivando la passione per il giornalismo, ho cominciato a fare le prime esperienze a Palermo, scrivendo articoli sui giornali universitari. La svolta la segnò l’incontro con Giuseppe Fava, che a Catania, pubblicava un mensile che avevo iniziato a leggere e I Siciliani Giovani

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