86 I numeri UNO - 2023 cui avevamo ancora la linea fissa) per non perdere neanche un minuto del tempo che avevo a disposizione. L’esame di avvocato l’ho passato al primo colpo e questa è stata una delle più grandi soddisfazioni professionali della mia vita. Solo tre anni prima, non parlavo una parola di inglese, ed ora mi ritrovavo con una lingua in più, un master in legge e l’abilitazione per esercitare la professione di avvocato a New York. Dopo la soddisfazione dell’esame superato, ho continuato a lavorare negli anni successivi in diversi studi legali, con alti e bassi, ma sempre con la determinazione di fare cose straordinarie. Poi c’è stato l’11 settembre, un evento traumatico, reso ancor più impattante per il fatto di averlo vissuto abitando a New York e non mediato attraverso le tragiche immagini e i commenti trasmessi dalla tivù. Da quel momento, siamo nel 2001, ho iniziato a pensare che forse l’idea di tornare in Italia o in Europa non avrei dovuto accantonarla del tutto. È stato anche un periodo di riflessione. Avevo trent’ anni, era questa la vita che volevo? Così ho incominciato a vagliare le varie opportunità e nel 2004 ho lasciato definitivamente New York, destinazione Vienna, dove avevo accettato un incarico all’interno del Gruppo farmaceutico Novartis. Ero sola, senza compagno, senza figli e quindi è stato facile prendere una decisione: in fin dei conti, dovevo preoccuparmi solo di me stessa; se per caso non avesse funzionato, avrei potuto cercare altrove. Eccomi, dunque, ancora una volta, in una nuova città, alle prese con una lingua a me ignota, a svolgere un lavoro che, almeno in parte, era del tutto nuovo: oltre che di questioni contrattuali mi sarei dovuta occupare anche di compliance, pratica di cui solitamente non ci si occupa negli studi legali.
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