82 I numeri UNO - 2023 La scelta dell’incoscienza Mi sono licenziata, decisa a prendermi una pausa per valutare il da farsi. Per pura combinazione, dopo due settimane, mentre ero a Sestri Levante in piena pausa di riflessione, mi chiama un ex compagno di università, che, nel frattempo, si era trasferito negli Stati Uniti. Di punto in bianco, mi comunica che c’è uno studio legale a New York, con un programma interno che prevede l’assunzione di giovani laureati in giurisprudenza stranieri. Uno di questi, un italiano, che avrebbe dovuto iniziare il 1° di agosto, quindici giorni prima di quella data, aveva rinunciato alla trasferta. Sapendo che non lavoravo ed ero in questa fase di riordino delle mie idee, aveva pensato che magari la cosa potesse interessarmi. Di prim’acchito, ho pensato di ringraziare e di declinare l’invito: non sapevo una parola d’inglese, a scuola avevo solamente studiato il francese, proprio non mi ci vedevo a New York e così, senza neanche accorgermi… il 1° d’agosto mi sono trovata su un aereo, destinazione: la Grande Mela. Ancor oggi raccontandolo, mi viene la pelle d’oca. Quella è stata una scelta dell’incoscienza. In effetti, quando sono atterrata al JFK, presa dal panico mi sono chiesta “ma che ci faccio io qui a New York?”. Ma ormai era troppo tardi. Ci sono rimasta sei mesi, condividendo un appartamento con due altre persone, perché non avevo soldi, dormendo su un materasso, che ogni sera stendevo in cucina. Nello studio legale, non era necessario che io parlassi inglese, perché il mio lavoro consisteva soltanto nel mettere in ordine cronologico dei documenti relativi ad un caso dibattuto in tribunale. È stato un periodo abbastanza difficile: ero quasi sempre da sola, non potevo comunicare e mi sono resa conto dell’importanza di conoscere, meglio, di non conoscere la lingua del posto. Mi ricordo quei fine settimana che non finivano mai.
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