72 I numeri UNO - 2023 Portatore sano (e critico) d’italianità In qualche modo potrei definirmi un portatore sano d’italianità in giro per il mondo. Ma lo sono, e mi sento molto italiano, proprio perché non vivo in Italia. Sono sempre stato molto critico nei confronti del mondo dell’arte italiano e soprattutto degli artisti italiani. Ai quali tengo tantissimo, ma con i quali, se potessi, mi arrabbierei tutti i giorni. Credo che il mio ruolo mi imponga una neutralità e una obiettività totale, ma, al tempo stesso, non posso fare finta che la mia storia personale e le mie origini non condizionino quel senso di responsabilità che sento nei confronti del mio Paese. Che è un Paese che ha avuto una storia straordinaria, ma che non ha un presente così brillante. Sento che la mia responsabilità non può essere altro che quella di cercare di stimolare il più possibile l’ambizione a tornare a essere quelli che possiamo essere. Il nostro è un Paese che gongola un po’ per quello che ha e non dà l’impressione di credere veramente in quello che ha e di saperlo valorizzare. Forse, perché ha troppo ed è un paese viziato, per il quale la cultura e l’arte sono un tratto distintivo, talmente sfacciatamente presenti che si danno per scontate e ci si permette il lusso miope di non sostenerle come fa chi invece ha molto meno. Poi ci consoliamo dicendo ai quattro venti che abbiamo l’80% del patrimonio artistico mondiale, veicolando così una bufala che qualcuno ha affidato ad Internet. Ci beiamo un po’ nella retorica di quello che eravamo, invece di pensare e riflettere su quello che siamo, come ci siamo ridotti e come possiamo ripartire. In questo momento siamo provincia e se non ci rendiamo conto di esserlo, allora facciamo l’errore di tutti i provinciali che pensano che il loro paese sia il più bello del mondo. L’arte italiana è amata e apprezzata in tutto il mondo, ma non possiamo fermarci al Medioe-
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