194 I numeri UNO - 2023 Archeologia e banchi di scuola Il primo mestiere che ricordo di aver voluto fare seriamente da grande è l’archeologo: una passione infantile nata per lo stimolo della scuola. Uno dei luoghi comuni dell’autobiografia (l’ho scoperto quando ho studiato, anni fa, le autobiografie del Settecento) è quello per cui chi racconta la propria vita lamenta spesso di aver avuto maestri inadeguati, oppure una famiglia che l’ha contrastato nelle sue passioni, in modo da far meglio risaltare i propri meriti di persona che ha eroicamente superato contrarietà e ostacoli. Ebbene, questo non è il mio caso: credo di aver avuto ottime e ottimi insegnanti fin da giovanissimo, ed è nella scuola pubblica italiana (frequentata a Venezia) che ho incontrato docenti capaci di stimolare e di indirizzare le mie passioni e le mie inclinazioni. Ad alcune professoresse sono molto grato, come quella di Lettere delle medie, Giovanna Girolami, o chi al liceo mi ha insegnato italiano, latino, greco, scienze: Giorgio Mancuso, Luisa Massaggia, Luisa Torre, Daniela Magnanini. Anche nella mia famiglia d’origine, con due genitori laureati in fisica e un gemello diventato poi ingegnere, mi son sentito sempre assecondato nelle mie scelte. Tutt’altro che una pecora nera, tutt’altro che uno stravagante insomma, malgrado i miei studi apparentemente così diversi. La vera pecora nera, casomai, è il fratello ingegnere, unico tecnico fra tre scienziati, perché tale mi considero, non diversamente da due fisici. Con mio fratello gemello, Stefano (a sin.), intorno al 1978
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