192 I numeri UNO - 2023 Con Venezia negli occhi Venezia, sì: Venezia-Venezia, come devo ripetere ogni volta a chi vuol sapere se son nato e cresciuto proprio nella città coi canali e con le gondole, nel Centro storico in cui ormai si pensa che quasi nessuno viva veramente. Sestiere di Cannaregio, non lontano dal Ghetto. È – o almeno era, quando ci sono nato io – una città ideale anche per trascorrere l’infanzia: una città tranquilla, quasi priva di molte delle insidie della vita urbana, ma soprattutto un luogo che abitua i sensi a una bellezza soverchiante, e al tempo stesso non li abitua mai, cosicché per tutta la sua vita il veneziano continua a stupirsi, ogni volta che torna a casa, della bellezza di luoghi e di situazioni che pure conosce, o crede di conoscere, da sempre. Era così, credo, anche ai tempi in cui i veneziani giravano il mondo da mercanti, e rientravano in Laguna dal mare. I veneziani sono stati per secoli abitanti di una città che, quando tutto il resto d’Europa era coperto di feudi e di reami – tra le poche eccezioni, la Svizzera –, è stata una Repubblica. Non sapevano andare a cavallo, perché non lo facevano tra le calli e i campi della loro città. Oggi spesso non sanno guidare, e questo li rende, ancora una volta, più adatti all’attualità. Più in linea con tempi in cui a guidare dovremmo disimparare tutti. Io ho disimparato perfettamente: ho guidato l’ultima volta un quarto di secolo fa, il giorno dell’esame della patente. Poi basta: sono riuscito a non possedere mai un’automobile, a usare sempre le mie gambe o i mezzi pubblici. Oppure… a farmi accompagnare da qualcuno, a partire da mia moglie, che non è veneziana. Ed è una guidatrice provetta.
RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ1NjI=