188 I numeri UNO - 2023 L’italiano per me è una lingua del ricordo. L’ho mantenuto, ma oggi per parlarlo con una certa fluidità devo fare un ‘preriscaldamento’. Purtroppo, non appartiene più alla mia quotidianità da quando mio padre è morto. È grazie a lui, con i quale parlavo esclusivamente italiano, che ho imparato a scrivere in italiano, perché io non l’ho mai studiato a scuola. Ricordo che da bambino negli anni 70, quando ormai vivevo in Svizzera e il telefono era molto caro e non funzionava bene, una volta alla settimana, scrivevo una lettera a mio padre, lui la leggeva e me la rimandava corretta. A casa, con mia moglie che è figlia di italiani immigrati in Svizzera, parliamo svizzero tedesco, perché è la sua prima lingua. Con i nostri figli ho tentato di parlare in italiano per un po’ di tempo, ma, siccome avevano capito che potevano farne a meno, non mi hanno seguito. Loro, però, siccome abbiamo spesso passato le nostre vacanze in Italia, l’hanno imparato abbastanza bene: lo capiscono e riescono a spiegarsi. L’Italia per me rappresenta un paese meraviglioso, ma anche complicato. Con la Svizzera, è il più bel paese al mondo. Talvolta sogno che mi piacerebbe tornare a vivere in Italia. Ma mi rendo conto che anche realizzare il sogno potrebbe essere complicato. Sono contento di avere una relazione professionale con l’Italia come membro del Consiglio d’Amministrazione del gruppo Gedi, editore, tra l’altro, dei quotidiani la Repubblica e la Stampa. È un’esperienza interessante, perché animata dalla volontà di un confronto finalizzato ad un reciproco beneficio. La lingua della memoria e del sogno
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