18 I numeri UNO - 2023 La terra delle opportunità Mai, neppure per un momento, mi sono sentito escluso dalla comunità locale. La nostra era una famiglia di immigrati e probabilmente non disponeva delle stesse risorse economiche di quelle locali. Ma è una percezione che io non ho mai avuto. Solo molti anni dopo - finito il Politecnico a Zurigo, al mio primo incarico come ricercatore, vedendo che il mio primo salario era il doppio di quello di mio padre - mi sono reso conto di quanto dovesse essere stato difficile per i miei genitori portare avanti una famiglia, senza che mai avessi l’impressione che mi mancasse qualcosa, ma, al contrario, che godessi, più o meno, dello stesso tenore di vita di quasi tutti i miei coetanei. Credo che sia indubbiamente merito della condotta dei miei genitori, ma anche dell’ambiente sociale in cui, nei fatti, eravamo bene inseriti e nel quale avevamo stabilito ottimi rapporti, che sono rimasti tali nel tempo. Il padre del mio miglior amico di scuola, Marco, un imprenditore del Grigioni Italiano, divenne, forse grazie alla sua affinità all’Italia o all’amicizia con mio papà, il mio padrino di cresima. Lui aveva studiato all’università, era un ex-giornalista, aveva viaggiato per tutto il mondo, e, man mano che crescevo, mi ha accompagnato in tante decisioni. Mia madre, qualche volta, - visto che vivevamo in cinque in un appartamento con sala, cucina e due camere da letto, e per alcuni anni abbiamo ospitato anche i miei nonni – accennava al fatto che, se solo avessimo attraversato la frontiera, avremmo potuto avere una casa tutta nostra. Ma mio padre era irremovibile: si resta in Svizzera perché questa è la terra delle opportunità. Personalmente, non posso che dargli ragione. In Svizzera, io e i miei fratelli, pur essendo di famiglia di umili condizioni, abbiamo avuto la possibilità di studiare e di frequentare l’Università o il Politecnico, grazie alle borse di studio del Cantone. Ricordo benissimo: 9’500 franchi il primo anno, 10.000 il secondo, 10.500 il terzo e 11.000 il quarto.
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