132 I numeri UNO - 2023 La vera decisione di diventare musicista, o perlomeno di provarci, ha preso forma intorno ai 16, 17 anni. Frequentavo un istituto tecnico industriale e, parallelamente, anche il Conservatorio. In modo inequivocabile, al momento in cui mi sono diplomato come perito in elettronica industriale, mi è parso del tutto chiaro che il mio interesse veniva assorbito dalla musica. D’altronde, come detto, la musica mi ha accompagnato fin da bambino. Non sono stato un enfant prodige, quello no, però in maniera consequenziale, un passo dopo l’altro, i miglioramenti in questo campo sono avvenuti regolarmente e con discreta velocità. Anche questo ha contribuito a consolidare la convinzione che avrei voluto vivere di musica: pianista, insegnante, critico, musicologo, direttore d’orchestra, avrei fatto di tutto. All’inizio di questo percorso sono stato sostenuto dalla famiglia. Forse più da papà, anche per ovvi motivi di passione condivisa, che da mamma. Mio fratello, invece, che musicalmente parlando è talentuoso almeno quanto me, fin da piccolo ha messo le carte in tavola, vedendo l’impegno che a lui sembrava comportasse, a mio padre ha detto chiaro e tondo: “dimenticatelo”. Naturalmente riferendosi all’eventualità che gli venisse richiesto di studiare musica. Che poi, bisogna anche sfatare il mito che fin dall’inizio sia necessario applicarsi ore e ore. Un bambino, ben che vada, suona mezz’0ra, un’ora al giorno. Poi è chiaro che crescendo… Anche se devo confessare che a me sembra di studiare molto di più oggi che non quando ero studente. Non sono stato un enfant prodige
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