130 I numeri UNO - 2023 Al cospetto di grande musica al servizio dei grandi geni che l’hanno creata La musica, quella classica in particolare, mi è famigliare fin da piccolo. Noi avevamo in casa un piano verticale, perché papà, musicista dilettante ma talentuoso, era direttore di coro e al piano preparava le prove. Quindi, la musica era un po’ come il pane quotidiano, a tal punto che, per me bambino, era scontato che in ogni abitazione e in ogni famiglia il piano fosse parte integrante dell’arredamento. Ricordo, avevo più o meno 5 anni, che ho imparato a leggere le note in chiave di violino e in chiave di basso, prima delle lettere dell’alfabeto. Insomma, per me la musica è sempre stata qualcosa di molto naturale. Non l’ho mai percepita come una sorta di sovrastruttura, come accade, ad esempio, quando devi imparare una lingua straniera. Ciò non toglie, che da bambino avessi anche altre aspirazioni. Le avevo elencate, non so se in ordine di priorità: da grande avrei fatto il musicista, il calciatore o l’astronauta. Ben presto mi sono reso conto che con i miei coetanei era molto più facile condividere la passione per il calcio e per la conquista dello spazio, anziché quella per la musica. A Sesto San Giovanni, dove sono nato e cresciuto, il pianoforte non era quello che si dice un mobile d’uso domestico.
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