118 I numeri UNO - 2023 Una nuova consapevolezza Nel mio percorso professionale, se facciamo eccezione per quanto successo in occasione dell’esame per accedere alla specializzazione, che purtroppo è espressione di un malcostume abbastanza diffuso, non ho mai avuto la sensazione di essere penalizzata per una questione di genere. In realtà, è un problema che non mi ha mai sfiorato. Solitamente di fronte agli ostacoli non mi accascio e reagisco. Non è un caso che io sia arrivata ad occupare posti di responsabilità come quello che occupo oggi. Negli ultimi tempi, però, sto maturando una nuova consapevolezza. Quello della medicina è un mondo abbastanza chiuso e nel mio ambiente professionale sono abituata a trovarmi da sola con uomini, e, ripensandoci, mi rendo conto che tutto quello che ho fatto o raggiunto in qualche modo l’ho ottenuto come “la prima donna che ha fatto questo o quello”. Spia inequivocabile che nel mio percorso mi sono spesso ritrovata sola. Una condizione che via via sembra aggravarsi, e, per le donne particolarmente, si complica man mano che si sale nella gerarchia. Nel senso che, quando si tratta di prendere decisioni, definire strategie, non solo da parte dei colleghi, ma anche dalle istituzioni, ho l’impressione che il parere di una donna sia preso meno in considerazione. E non posso negare che, mio malgrado, sono testimone di un atteggiamento spesso paternalistico, fin nelle, o dalle, piccole cose. Ad esempio: non vieni sempre coinvolta nelle riunioni anche se tu pensi sia importante esserci perché si discute di cose che riguardano il tuo dipartimento, e ti condiscono via con un “dai Lucia non prendertela, poi ti spiego…”. Non è che questo mi scoraggi e quello che penso lo dico, lo scrivo, lo affermo comunque
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