113 I numeri UNO - 2023 perché mi hanno insegnato ad essere libera, libera di scegliere, libera di provare a fare quello che amo senza temere di non riuscire. Un luogo dove ho ancora molti amici, che frequento con vero piacere ogni volta che posso. A San Diego ho conosciuto mio marito. Che è svizzero, di Ginevra. Medico anche lui, era arrivato negli Stati Uniti 10 anni prima, dove immaginava di poter rimanere continuando la sua carriera. Non fosse che io volevo assolutamente tornare in Europa e così siamo rientrati in Svizzera: lui ha trovato lavoro allo CHUV, l’ospedale universitario di Losanna e io lì ho finito il mio dottorato di ricerca. Devo ammettere che avevamo considerato la possibilità di tornare in Italia, dove a me sarebbe piaciuto molto lavorare. Ci abbiamo anche provato. Ma per lui trovare un lavoro è stato impossibile e per me si prospettava molto difficile. Ci fossi riuscita, forse sarei ripiombata in quelle dinamiche dalle quali fuggivo, a meno di accettare di lavorare in condizioni precarie, modello “incominciamo e poi vediamo”. Un modus vivendi che non mi apparteneva, o per lo meno non mi apparteneva più. A Losanna è iniziata la mia carriera professionale. Qui ho finito il mio dottorato, ho fatto la specializzazione: prima in medicina interna e dopo in medicina vascolare, che era quello che volevo davvero. Ho cominciato allo CHUV, lì ho continuato e lavoro tutt’ora. Il salto, se così lo posso chiamare l’ho fatto più di 17 anni fa. Il primario di medicina vascolare aveva lasciato nel 2006 e mi hanno chiesto di assumere l’incarico ad interim. Due anni dopo, ho partecipato al concorso e sono diventata professore ordinario e primario a tutti gli effetti.
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