112 I numeri UNO - 2023 Il medico con cui lavoravo, con cui ho fatto la mia tesi, una persona perbene a cui devo molto, aveva trascorso due anni negli Stati Uniti e lì aveva mantenuto dei contatti. Fece delle telefonate, appurò che c’erano dei fondi e che cercavano qualcuno. Tutto questo succedeva in ottobre e io a gennaio sono partita per gli Stati Uniti per cominciare un dottorato a San Diego, manco a dirlo in biologia molecolare vascolare. Ci sono rimasta due anni e mezzo. Anni belli e difficili. Belli perché San Diego è incredibile: tu lavori a bordo dell’Oceano, la pausa pranzo la puoi fare alla spiaggia. Poi è sempre primavera, un’eterna primavera. Qui ho incontrato degli amici meravigliosi. Anni difficili per la cultura del lavoro con la quale non solo mi sono confrontata, ma talvolta scontrata. Sono consapevole di avere imparato tanto, però in un ambiente super super competitivo al quale non ero abituata. Dove trionfa l’individualismo, alimentato dai responsabili di laboratorio, che dopo aver messo più persone sullo stesso progetto, consideravano solo quello o quelli che producevano risultati. Gli altri, quelli che magari incontravano difficoltà, non contavano più nulla, venivano abbandonati a loro stessi. Una situazione scioccante, che sicuramente ha contribuito a forgiare il mio carattere. A distanza di anni continuo a considerarla un’esperienza positiva al 100%. Anche se poi, per questi motivi non ho pubblicato nessun lavoro sui risultati conseguiti. Una cosa mi è rimasta: la certezza che semmai mi fossi trovata ad essere a capo di un gruppo di persone, mai e poi mai mi sarei comportata come si sono comportati con me quel professore in Italia e quei responsabili di laboratorio negli Stati Uniti. Io adoro gli Stati Uniti, non ci vivrei, ma li adoro. Sarà perché ci ho fatto il liceo, ma soprattutto Anni belli e difficili
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