85 I numeri UNO - 2022 Nella mia carriera ho anche incontrato ostacoli. Invisibili, subdoli, difficili da individuare. Non sono mai stata discriminata in maniera evidente, ma ho dovuto difendere il mio stile di leadership che non corrisponde agli stereotipi di leadership “testosteronica” ed autoritaria che per molto tempo era la più comune ed acclamata come di successo e considerata forte. Io credo in una leadership autentica e generosa votata a creare condizioni di lavoro che facciano sviluppare nuovi leader. Una leadership di cuore e passione che crei un ambiente dove ci sia latitudine di impatto. Una leadership approcciabile dove non ci siano barriere gerarchiche. Una leadership coraggiosa dove si possano prendere rischi, sbagliare, imparare, offire la propria opinione sempre e lasciare una legacy. Le persone con cui ho lavorato dicono che sono una people manager, un leader che si assicura che le persone della propria organizzazione si sentano parte di una famiglia, protette e soddisfatte del proprio lavoro. Uno dei criteri che misuro nello stato di salute della mia organizzazione è la felicità. Un team felice è più produttivo, creativo, prende più rischi, si focalizza sulle cose giuste e non sulla politica aziendale. La felicità è per me un business driver. Io amo vivere e lavorare circondata da persone, prendo energia dalle relazioni personali, non riesco a lavorare in un ufficio con la porta chiusa. Da me devono poter venire tutti per scambiare idee, chiedere aiuto, confidarsi ed avere la possibilità di condividere opinioni diverse dalle mie. È tuttavia uno stile di leadership che in alcuni ambienti viene visto come emotivo, e quindi, in un mondo del lavoro che è fondamentalmente macho, è uno stile perLeadership emotiva
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