36 I numeri UNO - 2022 “Se non ti pago mi sbatti fuori” Io abitavo con mio fratello in una zona periferica. Avevo conosciuto un contadino che aveva i terreni li vicino con il quale avevo instaurato un bel rapporto. Nei primi anni ’60 i contadini avevano iniziato a fare i soldi vendendo i terreni per costruire immobili. La stessa sorte era toccata al contadino mio conoscente, che con i soldi della vendita di parte dei terreni aveva deciso di costruire tre nuovi palazzi. Andai da lui e gli dissi: “uno di questi appartamenti è per me”. E lui “ma costa 400 franchi”, “non c’è problema – gli risposi - se non ti pago mi sbatti fuori”. Era un bonaccione, io gli stavo simpatico e l’appartamento me l’ha dato. Ero probabilmente uno dei pochi italiani che negli anni ’60 abitava in un appartamento di nuova costruzione. Già questo automaticamente ti dava forza, ti faceva sentire un privilegiato e mi ha spinto a migliorarmi e a volere sempre di più. Il mio tempo libero lo passavo a procurare tutto quello che serviva ai nostri migranti, inoltre, andavo a lavorare in questi negozi di elettrodomestici per guadagnarmi simpatia e per poter recuperare vecchi televisori non più utilizzati, che facevo riparare e poi rivendevo. La stragrande maggioranza di chi era emigrato qui aveva un unico obiettivo: risparmiare per mandare i soldi in Italia e prepararsi per rientrare. Si toglievano il pane di bocca. Io invece, mi ero messo in testa di restare. Ero riuscito a metter su un negozietto dove, nel tempo libero, vendevo i televisori d’occasione. Ma la polizia degli stranieri se ne accorse e mi intimò “o lavori in fabbrica o te ne torni a casa”. Senza il permesso C, di domicilio, che si poteva ottenere dopo 10 anni di residenza costante, non mi era concesso di svolgere un’attività in proprio. A quell’epoca i controlli erano assidui e molto severi.
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