30 I numeri UNO - 2022 In primo luogo mi sento altoatesino Se penso a me stesso in termini di Heimat, in primo luogo mi sento altoatesino: è un fatto di lingua, di cultura, di storia. Ovviamente mi ritengo anche italiano: per il coinvolgimento nelle vicende che riguardano il Paese, per gli affetti e le amicizie che ho sia in ambito privato che professionale. La Svizzera arriva dopo. Anche, ma non solo, in termini cronologici. Sembrerà strano ma non ne ho ancora la cittadinanza. È da anni che mi riprometto di avviare le pratiche, ma per una ragione o per l’altra, non l’ho ancora fatto. Shame on me. Mia moglie è tedesca, lei è venuta dalla Germania quando ci siamo sposati undici anni fa. Mia figlia è nata qua. Diventare svizzero, non tanto perché qui pago le tasse, ma anche perché vorrei partecipare alla vita politica della Confederazione, è solo una questione decidermi a farlo. A maggior ragione, visto anche l’incarico che ora rivesto. È un’annotazione marginale, ma quando a calcio gioca l’Italia, non vi è dubbio: mi sento convintamente italiano. Lo sono anche nel dispiacere che provo nel constatare come l’enorme potenziale, in ambito scientifico, ma non solo, di cui dispone il Paese non venga adeguatamente valorizzato. Ho spesso l’impressione che la gestione della cosa pubblica, per intenderci: la politica, di tutto si occupi tranne che di questo. Me ne rendo conto in modo quasi doloroso se confronto la realtà in cui sono costretti ad operare i miei colleghi bravissimi in Italia a quella in cui opero io o i miei colleghi in Svizzera. Inoltre, mentre qui c’è un forte senso civico, consolidato fina di primi anni scuola, lo stesso non mi è dato rilevare in Italia. Ne deriva anche una partecipazione alla vita pubblica che in Svizzera è più consapevole.
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