I NUMERI UNO

172 I numeri UNO - 2022 Son diventato quello che volevo essere Sono pugliese. Di Bitonto, un paese vicino a Bari. Sembrerà strano, ma io ho sempre voluto fare lo scienziato. Ricordo di aver avuto questa aspirazione fin da molto piccolo. Quando guardavo i cartoni animati giapponesi c’era sempre un eroe, un ragazzo atletico, forte, che alla fine salvava il mondo. Già lì ho capito che non sarei mai stato un supereroe. Mi mancava il fisico, il lato atletico. Però in quegli stessi cartoni animati, c’era sempre qualcuno, solitamente uno scienziato, che costruiva un robot, una tuta o un qualcosa, che aiutava l’eroe e che alla fine svolgeva un ruolo molto importante. Per esempio, in Goldrake, era il papà adottivo dell’eroe. Ho pensato che magari quello riuscivo a farlo, “esser atletico non è cosa mia, ma capire e fare le cose e sì, quindi è quello che voglio fare da grande”. È una cosa che ha preso forma in seconda, terza elementare. Non ricordo di aver mai cambiato idea, di averne mai dubitato. Non ho mai pensato “magari faccio il medico o l’avvocato”. Nemmeno il calciatore. Il punto, però, è che per un ragazzino degli anni 70, io sono nato nel ’73, non era facile capire come si diventi scienziato. Neppure gli insegnanti a scuola o gli amici dei miei genitori sapevano dirmi come si diventasse scienziato. Il suggerimento che più sembrava avvicinarsi era “tu fai l’ingegnere, poi da lì vedi”.

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