I NUMERI UNO

151 I numeri UNO - 2022 Il crollo di un mito Il Ticino quando io sono arrivato era quello descritto nelle analisi di Kneschaurek, di Biucchi e più tardi di Angelo Rossi, Un’economia a rimorchio. Nessuno dei giovani che io incontro oggi, può immaginarsi che cosa fosse quel Ticino. Periferia geografica e periferia anche nella testa. Contribuire ad uscire da questa situazione diventerà il mio leitmotiv, la mia sfida. Fortemente interessato com’ero già allora alla letteratura sono andato a cercare i grandi scrittori ticinesi: Piero Bianconi che mi aveva preso in simpatia, Plinio Martini, Vincenzo Snider, Virgilio Gilardoni che era stato messo al bando perché comunista. A me questo non interessava, a me interessavano le persone. Mi spiegarono che questo Ticino ideale, che io avevo fin ad allora vagheggiato, in fondo non esisteva. Me ne sono definitivamente reso conto una sera che ero a cena con varie personalità, fra le quali anche lo storico sindacalista Ezio Canonica che abitava in Valcolla. La sua macchina non andava e io mi sono offerto di dargli un passaggio. Ascoltandomi, quella sera aveva capito di aver a che fare con un giovane idealista completamente disorientato. Ad un certo momento, mi fa fermare la macchina e mi dice “Adesso esci”. Erano le undici di sera, sotto di noi c’era Lugano in un tripudio di luci e io dico “Che bello” e lui spietato: “Tu non sai quanto odio, quanta cattiveria, quanta avidità ci sono sotto queste luci”. Io ci sono rimasto…ma come... per me Lugano era la mia città splendida. È stato lì che ho iniziato a confrontarmi con un altro punto di vista, rispetto al mio: decisamente più realista. Ma io,

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