143 I numeri UNO - 2022 Italianofilo fino al midollo È un retaggio che mi porto dietro ancora oggi: io sono italianofilo fino al midollo. Su questo non discuto con niente e con nessuno. Sono sempre stato molto attaccato sia all’Italia che alla cultura italiana. Fin da bambino, io sentivo in me già l’eterna nostalgia del nordico nei confronti del sud, che è sole, libertà, calore, calore anche umano. Affascinante e seducente ma, al contempo, in grado di creare confusione. Anche linguistica. Perché a Sud quella lingua, che non è naturalmente solo una somma di parole, e non è sillogistica, sintetica, logica, con frasi brevi e chiare come quella del Nord. No, più si va a Sud e più la lingua è bella, ma diventa interpretativa, si arricchisce di immagini, si carica di metafore. Perde quel tratto, magari rassicurante, di logicità. Già da piccolo io sentivo di essere diverso dagli altri. Ero straniero perché non rispondevo in tedesco, non lo capivo, parlavo un po’, quello di strada. I miei primi amici erano ragazzi della mia età quasi tutti figli di migranti. Io li ho sentiti subito molto vicini. Inoltre, i nonni paterni erano in Ticino, in una vecchia casa avita frutto del lavoro del mio trisnonno giuseppe emigrato ad algeri, le vacanze le trascorrevo lì e tutto questo ha naturalmente rafforzato il mito di Shangri-La, del Ticino paradisiaco. Invece, la Svizzera tedesca era la scuola, il dovere, era il luogo dove tornavo a sentirmi diverso. Sensazione che non avevo quando stavo in Ticino. Una buona parte di responsabilità l’ha avuta l’obbligo imposto da mio padre a mia madre di parlarci in italiano. Comunque, per quanto irrequieto, frequento le scuole primarie, e, al momento di entrare alle medie, attorno ai dodici anni, con
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