I NUMERI UNO

103 I numeri UNO - 2022 coronammo il nostro sogno recitando al teatro cittadino “Alessandro Bonci”. Che emozione! Lì arrivavano le grandi compagnie italiane di prosa e Carmelo Bene, il più grande attore italiano degli anni 70 e 80, ci teneva le sue prove periodicamente, anche per un mese e mezzo. Io sgattaiolavo in un palco, e rimanevo in teatro tutta la notte perché lui provava dalle undici di sera alle cinque del mattino. Nascosto, spiavo e “rubavo” segreti, finanche nell’anno della mia maturità classica, che “passai” grazie a un miracolo di San Genesio, patrono degli attori, e dei due professori di greco e di italiano che mi volevano bene. Liceum finitum erat. Potevo finalmente dedicare il mio tempo solo al teatro. Se volevo che passione e professione coincidessero, il prezzo era lasciare Cesena. E così feci: andai a Bologna prima, e poi all’Estero, Parigi (ci stiamo arrivando). La partenza da casa fu da sceneggiata napoletana: mia madre che mi tirava per un braccio: “Resta, resta…” e mia nonna davanti alla porta chiusa che cercava di sbarrare: “Non si esce oggi. Mi verrà un colpo apoplettico”. Mentre mio padre dal suo studio mi disse: “Bonum cursum”, buona fortuna. Questa disperazione melodrammatica si tramutò ben presto in rispetto e aiuto economico, utile quest’ultimo per arrivare fin dove le mie entrate non mi consentivano. Partii così da Cesena. Era il 1976.

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