I NUMERI UNO

I NUMERI Storie di straordinaria quotidianità fra Svizzera e Italia CAMERA DI COMMERC ITALIANA PER LA SVIZ CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909 CCIS 1909 CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909

2 I numeri UNO - 2021 II edizione, 2021 Editore: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Autore: Giangi Cretti Hanno collaborato: Marco De Stefano, Veronica Saddi Fotografie: gentilmente fornite dai premiati Stampa: finito di stampare in data 15 Novembre 2021 dalla tipografia Nastro&Nastro S.r.l.

3 I numeri UNO - 2021 INDICE Prefazione di Vincenzo Di Pierri Presidente della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera 5 Prefazione di Silvio Mignano Ambasciatore d’Italia in Svizzera 7 Note del curatore 9 Ugo Amaldi Professore, fisico, presidente fondazione Tera 13 Silvana Cavanna Membro Consiglio d’Amministrazione Banca del Sempione 43

4 I numeri UNO - 2021 Monica Dell’Anna Senior Vice President Adecco e Country Head Svizzera e Austria 61 Enzo Enea Architetto del paesaggio 89 Antonio Ereditato Fisico: ricercatore e docente 115 Carlo Maria Ferro Presidente dell’Italian Trade Agency 139 Marco Lanzetta Chirurgo della mano e microchirurgo di fama internazionale 161 Luigi Matrone Imprenditore 187 Antonella Santuccione Chadha Medico, neuroscienziato, esperta in malattie del cervello e della mente 207

5 I numeri UNO - 2021 Il Presidente Costretti, nostro malgrado, ad una pausa forzata, che ci ha imposto di saltare un’edizione, riprendiamo il filo del discorso laddove l’abbiamo temporaneamente abbandonato due anni fa. Eccoci, dunque, di nuovo a parlare di numeri UNO: donne e uomini che, in ambiti diversi, seguendo traiettorie professionali differenti, si sono distinti, contribuendo, a vario titolo, a consolidare, non foss’altro con la semplice forza dell’esempio, relazioni positive, ma anche, direttamente e indirettamente, a valorizzare il rispetto reciproco fra l’Italia e la Svizzera. Tessere che compongono il variegato e straordinariamente ricco mosaico delle esperienze che caratterizzano il vissuto di storie che hanno in comune il fatto di essere maturate in un percorso di migrazione, di spostamenti non solo geografici, che oggi, seppur spesso con modalità e opportunità nuove, al pari di ieri, sono dettate dalla volontà e dal bisogno di migliorare le proprie condizioni di vita. Storie di successo, si è soliti dire. Non importa quanto grandi. Ciascuna ha il pregio di poter essere presa ad esempio di come sia possibile, pur magari nella disparità delle condizioni di partenza, raggiungere traguardi all’inizio solamente sperati. Presupposto di risultati, materiali e immateriali che, non immediatamente e non sempre con nostra piena consapevolezza, si riverberano positivamente su un’intera comunità. Questo nostro riconoscimento, nulla più che simbolico, ma talvolta e in determinati frangenti CAMERA DI COMMERC ITALIANA PER LA SVIZ CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909 CCIS 1909 CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909

6 I numeri UNO - 2021 i simboli rivestono indiscutibile valore, intende riconoscere e far conoscere esperienze e percorsi che, in un mondo in cui la comunicazione è soprattutto clamore, rischiano di essere confinati in una nicchia esclusiva, in una riserva settoriale. D’altronde, come ammonisce un detto popolare: “Fa più rumore una noce che cade di una foresta che cresce”. Il nostro obiettivo è quello di segnalare, anche al di fuori di scenari specifici e specialistici, queste esperienze e questi percorsi. Per premiare una carriera, per favorirne il proseguimento. Nella convinzione che esempi luminosi abbiano una funzione altamente pedagogica e stimolino una sana emulazione. È con questo spirito, che la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con l’Ambasciata, ha inteso istituire un premio, che assume ancor maggior significato in questo particolare momento storico, in cui, complice una narrazione troppo spesso addomesticata, sembrano far difetto figure di affidabile riferimento. Un modo per dare concretezza all’attenzione e alla riconoscenza, sottolineando come la diversità sia foriera di ricchezze e solo pretestuosamente possa essere (mal)intesa come una minaccia. Un premio che supera i confini, anche se, per nostra natura, in sintonia con ciò che rappresentiamo, ci è congeniale privilegiare intenzionalmente l’impronta dell’italianità. La quotidianità ci riserva sfide inaspettate, dalle quali discendono esigenze di cambiamento. In questa nostra società, che come sosteneva Zygmunt Bauman già una decina di anni fa, continua a mantenersi liquida, i numeri UNO, ciascuno a modo suo, ci prospettano orizzonti nuovi, che consentono di proiettare uno sguardo carico di un ragionevole ottimismo sul nostro futuro. Lasciando spazio a rinnovata speranza. Vincenzo di Pierri Presidente della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera

7 I numeri UNO - 2021 L’Ambasciatore Dante Alighieri, di ritorno da una missione diplomatica a Venezia su incarico di Guido Novello da Polenta, coronata dal successo, fu colto dalle febbri malariche mentre attraversava le Valli di Comacchio, e a seguito di quel contagio perse la vita il 14 settembre 1321. In Svizzera, come nel resto del mondo, il 2021 ha visto nascere molte celebrazioni del settecentesimo anniversario del più grande poeta dell’umanità e padre della nostra lingua – tanto più significative perché segnano anche l’uscita, lenta ma decisa, da quell’altra ondata di contagi che si è trasformata negli ultimi diciotto mesi in pandemia. Dante dunque può essere visto anche come ideale compagno nel cammino che l’umanità percorre per riprendere possesso del mondo, uscendo dalla selva oscura, percorrendo i mondi dell’aldilà, risalendo i cerchi celesti per recuperare appieno la visione della luce. Il più grande poeta, il più grande uomo di cultura nella storia italiana e non solo: i superlativi hanno sempre costellato ogni riflessione sul Sommo Poeta. Abbiamo bisogno evidentemente, noi umani, di stabilire gerarchie di valore e di affidarci a figure che segnino conquiste e progressi, piccoli o grandi che siano. Il Premio dei numeri UNO organizzato dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera e sostenuto dall’Ambasciata d’Italia a Berna è in fondo anche un tentativo, misurato e rispettoso delle proporzioni, di stabilire punti fermi nella Ambasciata d’Italia Berna

8 I numeri UNO - 2021 presenza italiana nella Confederazione, tracciando una serie di ipotetiche rotte che hanno portato la nostra emigrazione a farsi parte integrante e addirittura forza trainante della società, dell’economia, della cultura, della ricerca scientifica e tecnologica nel Paese che l’ha accolta. I premiati coprono ogni area di interesse, ogni settore di attività, ogni ambito della cultura, dell’innovazione, della creatività: non sono gli unici meritevoli, naturalmente, ma rappresentano con il loro esempio una porzione di un tutto in continuo divenire. È anche per questo che il premio è nato con il chiaro intento di permanere in futuro, ripetendosi a cadenza regolare per estendere il riconoscimento ad altri protagonisti del dialogo attivo tra Svizzera e Italia. O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, ch’una favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente, si legge nell’ultimo canto della Divina Commedia: le parole hanno la funzione di tramandare la memoria e raccontare della luce e della gloria di cui il poeta è testimone. Migliaia di chilometri più giù dell’Empireo, su questa terra che abitiamo, cerchiamo anche noi di rendere un piccolo omaggio a chi ha contribuito al comune progresso. Silvio Mignano Ambasciatore d’Italia in Svizzera

9 I numeri UNO - 2021 Note del curatore Non ho dubbi: è stata un’esperienza arricchente. Parafrasando Max Frisch potrei dire che, predis- posto ad incontrare professionisti - ciascuno di loro oggettivamente lo è - ho avuto la ventura di incrociare, seppur marginalmente, persone. Che hanno accettato di raccontarsi. E, tranne in un caso, hanno accettato di farlo in prima persona. Frutto di una scelta intenzionale, funzionale in un contesto autobiografico, per accorciare le dis- tanze fra narratore e lettore. Infatti, eccezion fatta come detto per un unico caso, l’io-narrante che, di volta in volta, subentra nei singoli capitoli, è ciascuno di loro. Chi stende questa nota è stato solamente l’io-scrivente. Che ha sintetizzato - impresa notoriamente tutt’altro che facile, in quanto impone di selezionare, tagliare, rimbastire - ore di registrazioni. Cercando di evitare malintesi, di non incorrere in strafalcioni, di privilegiare l’essenziale a scapito del superfluo, senza per questo penalizzare l’essenza del racconto. Ricercando, non sempre riuscendoci, un’accettabile uniformità stilistica. Litigando, non sempre avendo la meglio, con la consecutio temporum. Bisticciando, non sempre con convinzione, con la punteggiatura. Arrendendosi, non sempre facendosene una ragione, alle esigenze dell’impaginazione. Il registro è colloquiale. E non potrebbe essere altrimenti, vista la fisiologia dei singoli racconti. Con qualche necessaria, perché ritenuta efficace, contaminazione gergale. L’intento, come ben illustrato nelle pagine precedenti, è dichiarato. CAMERA DI COMMERC ITALIANA PER LA SVIZ CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909 CCIS 1909 CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909

10 I numeri UNO - 2021 Non si tratta di sottolineare primati o prestazioni eccezionali: quelli, quando ci sono, hanno, intrinseca per loro natura, la forza di mettersi in evidenza motu proprio, raccogliendo, com’è giusto che sia, il meritato plauso generale. Neppure ci basta, per quanto legittimo e implicito nella ragione stessa del riconoscimento, limitarci a rendere un doveroso omaggio ai premiati. Maggiormente ci interessa segnalare il modo in cui a determinati risultati ci si è arrivati. Attraverso quali traiettorie, descrivendo quali parabole, seguendo quali percorsi, realizzando quali speranze, stimolati da quali ambizioni, inseguendo quali traguardi. È percorrendo queste piste che, per quanto possibile, vorremmo condividere le loro esperienze. Farne tesoro: non foss’altro per il fatto che ci possano indurre a gettare uno sguardo, curioso e permeabile alla forza delle visioni, su ambiti di cui, in realtà, abbiamo una conoscenza ancor meno che superficiale. Ritrovandoci inappagati e, pertanto, si spera, non rassegnati, ma stimolati ad andare oltre la pigra accettazione della genericità o dello stereotipo. È un po’ quello che è successo a me, che con i protagonisti dei racconti che abitano le pagine che seguono, ho avuto il privilegio di dialogare. Mi auguro che, per quanto (ancor?) privi del mio stesso privilegio, seppur in misura minore e, va da sé, diversa, possa succedere anche a voi. In fin dei conti, e la scienza l’ha dimostrato, le narrazioni possiedono un’utilità inestimabile: ci rendono più empatici, più disposti a comprendere e ad ascoltare gli altri, più capaci di nominare i nostri sentimenti e le nostre angosce e di affrontarle. Non abbiamo questa pretesa, naturalmente. Neppure vogliamo porre limiti ad ogni possibile evenienza. Giangi Cretti

I numeri UNO - 2021 11 I NUMERI Storie di straordinaria quotidianità fra Svizzera e Italia CAMERA DI COMMERC ITALIANA PER LA SVIZ CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909 CCIS 1909 CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA CCIS 1909

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13 I numeri UNO - 2021 Ugo Amaldi è stato Dirigente di ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dove si è occupato di ricerca in fisica nucleare e atomica e d’uso dei raggi X nella terapia dei tumori. Chiamato al CERN nel 1973 come Senior Scientist, ha studiato - sperimentalmente e teoricamente - le proprietà di protoni, di neutrini e di coppie elettrone-positone e l’unificazione delle forze fondamentali. Tra il 1980 e il 1993 ha diretto, presso l’acceleratore LEP, la Collaborazione DELPHI formata da 500 fisici provenienti da quaranta laboratori di venti paesi. Più di 600 pubblicazioni documentano la sua attività scientifica. Dal 1992 Amaldi è Presidente della Fondazione TERA, che ha lo scopo di sviluppare l’adroterapia, la tecnica di radioterapia che risparmia i tessuti sani e può controllare (con i fasci di ioni carbonio) i tumori radioresistenti. TERA ha lavorato per dieci anni al progetto del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO), che è stato costruito a Pavia e ha trattato, sino al 2021, 3500 pazienti. Amaldi ha contribuito a creare a Ginevra due start-ups: Applications of Accelerators and Detectors to Medicine, per la costruzione di linac per adroterapia, ed External Beam Ablation Medical, per la cura delle aritmie cardiache. In questi campi ha ottenuto sei brevetti. Vincitore di concorso universitario, nel 1991 ha occupato una cattedra di fisica prima a Firenze e poi a Milano. Fino al 2006 ha insegnato Fisica Medica all’Università di Milano Bicocca. Nel 1984 Ugo Amaldi ha pubblicato con Edoardo Amaldi, presso la casa editrice Zanichelli, un testo di fisica in tre volumi per i licei italiani. Da allora sono usciti a suo nome una quarantina di volumi su cui hanno studiato un terzo degli studenti delle scuole superiori italiane. Ha inoltre scritto due trattati universitari – “Fisica delle radiazioni” e “Molecole e radiazioni” - e tre libri di divulgazione: “La Fisica del Caos”, “Sempre più veloci” e “Particle Accelerators: from Big Bang physics to hadron therapy” (Springer). Amaldi è membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, della European Academy of Sciences and Arts, della Polish Academy of Arts and Sciences, dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Istituto Lombardo di Milano. È Commendatore della Repubblica e gli è stata conferita dal Presidente Giorgio Napolitano la medaglia d’oro come Benemerito della Scienza e della Cultura. Ad Amaldi è stato conferito il titolo di Doctor honoris causa dalle Università di Lione, Helsinki, Valencia e Uppsala ed è Distinguished Affiliated Professor alla Technische Universität München di Monaco. Tra i molti riconoscimenti, gli sono stati assegnati il ‘Premio Bruno Pontecorvo’ del JINR (Russia) e il ‘Premio Leonardo - alla carriera’ dell’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ugo Amaldi Professore, fisico, presidente fondazione Tera I NUMERI 2021

14 I numeri UNO - 2021 “La fisica è bella e utile” Ho avuto due grandi fortune. Sono nato in una famiglia colta che a Roma mi ha educato al lavoro, al rispetto degli altri e alla ricerca della conoscenza, in tutti i campi ma in particolare in scienza. Ho poi casualmente incontrato, sul Lago di Como dove mi trovavo per una scuola di fisica, una ragazza meravigliosa nata a Milano. Il nostro legame, che dura da più di sessant’anni, ci ha donato quattro figli e otto nipoti. Senza la cura di queste due famiglie non sarei quello che sono e senza il loro continuo sostegno non avrei potuto fare ciò che ho fatto. Nel 1952 ho finito il liceo Tasso a Roma e ho deciso di iscrivermi a fisica. Mio padre, Edoardo - che negli anni Trenta era stato allievo e collaboratore di Enrico Fermi - era contrario. È stato un notissimo scienziato e manager di scienza che ha dato contributi fondamentali alla creazione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, del CERN e dell’ESA; proprio nel 1952 era divenuto Segretario Generale dell’organizzazione provvisoria del CERN appena istallatasi a Ginevra e creata da dodici Stati europei. Non voleva che facessi il fisico perché temeva che sarebbe stato per me difficile affermarmi nel suo campo di ricerca. Cercava di convincermi con una frase che mi è rimasta impressa: “Ugo, fai biologia perché la biologia sta esplodendo”: soltanto un anno dopo Crick e Watson scopersero la struttura del DNA. Egli era, infatti, anche un attento osservatore degli sviluppi di tutta la scienza, ma a me i piccoli animali non sono mai piaciuti. Feci quindi di testa mia e un giorno, a tavola, dissi “Stamattina sono andato alla Sapienza e mi sono iscritto a Fisica”.

15 I numeri UNO - 2021 Edoardo Amaldi e UA sulla terrazza del Dipartimento di Fisica alla Sapienza in occasione del Convegno per i 70 anni di Edoardo Amaldi

16 I numeri UNO - 2021 I primi passi nella fisica ‘bella’ Nel 1957, conseguita la laurea, per ovvi motivi non ho scelto la carriera universitaria ma sono andato a lavorare in un posto in cui mio Padre aveva poca influenza: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), oggi conosciuto da tutti in Italia per via della pandemia dovuta al Covid-19. Questa scelta è stata il mio terzo colpo di fortuna. All’ISS c’era un Laboratorio di fisica diretto da un grande uomo, Mario Ageno, che mi ha insegnato moltissimo perché, oltre ad essere un ottimo fisico, tra l’altro fondatore della biofisica italiana, era anche un raffinato filosofo della scienza. La mia passione per questi temi deriva più dall’interazioni con lui che con mio Padre; lo considero il mio secondo Maestro. Feci il mio primo vero ingresso nel mondo della ricerca nel 1963 quando, leggendo la lettura scientifica, mi resi conto del fatto che al sincrotrone dell’INFN si poteva condurre un tipo di esperimenti mai fatto prima: inviare gli elettroni di 1 GeV (un gigaelettronvolt), che circolavano nel sincrotrone, attraverso un sottile fogliolino e osservare contemporaneamente i protoni, che urtati da un elettrone erano eiettati da un nucleo di carbonio, e l’elettrone che, a seguito dell’urto, cambiava direzione. Con una decina di colleghi del laboratorio costruimmo l’apparato e nel 1964 il lavoro, appena pubblicato, ha avuto risonanza internazionale. Il nuovo metodo di studiare i nuclei, detto (e,e’p), in sessant’anni si è molto sviluppato tant’è che vi

17 I numeri UNO - 2021 lavorano oggi gruppi americani formati da centinaia di ricercatori. Un anno dopo la pubblicazione dell’osservazione della prima reazione (e,e’p) sui nuclei degli atomi, mi chiesi se esperimenti simili fossero stati fatti su atomi anziché sui nuclei, che sono il centro degli atomi. Scesi in biblioteca e, in poche ore di lettura, appresi, con mia grande sorpresa, che nessuno aveva mai bombardato con un fascetto di elettroni veloci un bersaglio sottile e osservato contemporaneamente sia l’elettrone eiettato nella collisione sia l’elettrone iniziale che aveva cambiato direzione. Ne fui molto colpito e coinvolsi subito Guido Pizzella della Sapienza, un amico che conosceva i rivelatori adatti. Nel 1969 pubblicammo un lavoro che fu presto ripreso da un gruppo di ricercatori australiani e poi da altri. Oggi questo metodo di studiare molecole e solidi si chiama ‘electron momentum spectroscopy’ ed è utilizzato in decine di laboratori di tutto il mondo per ricerche avanzate di chimica-fisica. Queste sono state le due pubblicazioni scientifiche che mi convinsero, una dozzina d’anni dopo la laurea, che sarei stato in grado di dare contributi originali alle ricerche fisiche ‘di base’, quella che chiamo da molti anni ‘la fisica bella’ perché si ripromette di capire i sistemi naturali e i loro fenomeni senza aver alcuna applicazione pratica in mente. Gli anglosassoni usano per questo tipo di ricerche scientifiche una bella espressione: ‘curiosity driven research’. Con Carlo Rubbia al Congresso della Società Italiana di Fisica tenutosi a Padova

18 I numeri UNO - 2021 La ‘fisica utile’ Mario Ageno voleva che i ricercatori del Laboratorio di Fisica contribuissero anche alla ricerca ‘applicata’ nel campo delle radiazioni. Poiché non c’è modo migliore di imparare che insegnare, accettai la sua offerta di un corso postlaurea alla Facoltà di medicina della Sapienza diretto a medici appena laureati; insegnavo essenzialmente le applicazioni degli apparati a raggi X, che allora erano i piccoli acceleratori di elettroni usati sia per la diagnostica sia per la cura dei tumori. Le interazioni con medici giovani ed entusiasti, che cominciavano a curare i malati e, allo stesso tempo, avevano bisogno di approfondire, per ben usare gli strumenti più moderni, temi di fisica complessi e a loro culturalmente distanti, mi spinsero a scrivere prima una serie di dispense e poi a raccoglierle in un grosso trattato, pubblicato da Boringhieri nel 1971 con il titolo ‘Fisica delle radiazioni’. Questo lavoro mi ha dato molte soddisfazioni perché per molti decenni è stato l’unico strumento di formazione di medici, fisici medici e radiobiologi di tutta Italia e mi ha fatto capire che avevo un’altra passione: spiegare in modo efficace e semplice, ma non banale, la fisica, sia quella ‘bella’ (che parla di atomi, nuclei e particelle fondamentali che li costituiscono ma anche, naturalmente, di stelle e di Universo) sia quella ‘utile’ (che permette di meglio curare i malati ma anche parlare con una persona cara che è lontana). Nel 1964 Mario Ageno mi indicò come rappresentante del Ministero della Sanità nell’appena costituita Commissione Tecnica del Comitato Nazionale per La Ricerca Nucleare. Vi sedevano

19 I numeri UNO - 2021 Intervento al Congresso Nazionale sull’Energia Nucleare, EUR, Roma

20 I numeri UNO - 2021 esperti del CNEN e di diversi Ministeri, molti dei quali erano veramente competenti, e si discutevano temi completamente nuovi per l’Italia: il controllo della nascente industria nucleare. Come rappresentante del Ministero della Sanità mi dovevo preoccupare della protezione delle popolazioni nelle vicinanze delle centrali nucleari, proponendo limitazioni al funzionamento dell’impianto e l’estensione delle zone di sicurezza. Ho così imparato che ogni sviluppo tecnologico implica necessariamente dei rischi e pone problemi cui la scienza e la tecnica da sole non possono rispondere. Per questo la partecipazione alla Commissione Tecnica del CNEN è stata una delle esperienze più importanti della mia vita professionale. Nella caverna, 100 metri sottoterra, dove si sta montando il rivelatore della Collaborazione internazionale DELPHI

21 I numeri UNO - 2021 Un grande cambiamento: il CERN Alla fine degli anni Sessanta avevamo quattro figli e il carico familiare era tutto sulle spalle di mia moglie perché io ero impegnato su molti fronti: il coinvolgimento nella stesura di una legge di riforma dell’Istituto Superiore di Sanità (seguito ai movimenti del 68 che erano giunti fino in Istituto), l’impegno in Commissione Tecnica, la scrittura di ‘Fisica delle radiazioni’, l’insegnamento, le attività dei miei due gruppi di ricerca e, inoltre, le mie ricerche personali in fisica teorica con Franco Selleri. Fu in quel momento che decisi di voltar pagina, di lasciare le ricerche in fisica dei nuclei e degli atomi ed entrare nel mondo delle particelle fondamentali studiato al CERN, che mi aveva affascinato quando dopo laureato vi avevo passato un periodo da borsista. Spinti da una serie di circostanze, decidemmo così di lasciare temporaneamente Roma per andare a Ginevra dove arrivammo in sei alla fine del 1971 grazie a un ‘Research Associateship’. Al CERN ho cominciato a lavorare nel campo delle particelle elementari, che non esistono in natura ma sono prodotte (i fisici dicono ‘create’) quando collidono con grande energia le particelle stabili e le loro antiparticelle, come gli elettroni, i protoni, gli antiprotoni, i nuclei di piombo etc. Una parte dell’energia, portata nelle collisioni dalle due particelle che collidono, si trasforma nella massa di nuove particelle che, create nella collisione, ‘decadono’ in meno di un milionesimo di secondo in altre particelle più leggere.

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23 I numeri UNO - 2021 Alla Cerimonia di inaugurazione del collisore LEPincontro con il Presidente Francese Francois Mitterand, il Presidente Svizzero Pierre Aubert. Al centro il Direttore del CERN Herwig Schopper.

24 I numeri UNO - 2021 Più alta è l’energia maggiori sono le masse delle particelle che possono essere create; per questo i fisici costruiscono ‘sincrotroni’ di circonferenze sempre maggiori. I ‘rivelatori’, che noi fisici poniamo intorno al punto in cui le collisioni accadono, ricostrui- scono la traiettoria delle decine e centinaia di particelle, prodotte in ciascuna collisione. Si tratta di strumenti che in sessant’anni sono divenuti sempre più grandi e più complessi e ci hanno permesso di scoprire cose straordinarie. Nel 1960 conoscevamo pochissime particelle fondamentali; oggi sappiamo che ve ne sono ben venticinque tipi diversi, che sono tutti creati nelle collisioni di energia sufficientemente grande, come quella del Large Hadron Collider, il collisore di ventisette chilometri di circonferenza, che nel 2012 ha reso possibile la scoperta della particella di Higgs. La massa di questa venticinquesima particella è 250.000 volte maggiore della massa dell’elettrone, che era una delle poche particelle fondamentali note quando, cinquant’anni fa, arrivai a Ginevra. Con Giorgio Matthiae e altri tre giovani ricercatori dell’ISS avevamo appena costituito un gruppo di ricerca e stretto un accordo con un gruppo di ricercatori del CERN diretto da un italiano illustre, Giuseppe Cocconi. Il nostro sodalizio, noto con il nome di ‘CERN-Rome Collaboration’, cominciò nel 1969 a condurre esperimenti al Protosincrotrone, il primo acceleratore del CERN che aveva una circonferenza di 600 metri. Passammo poi agli Intersecting Storage Rings di nuova concezione dove, esattamente cinquant’anni fa e per la prima volta al mondo, protoni da 30 MeV collidevano testa a testa con protoni da 30 GeV. Mentre agli ISR analizzavo i primi dati raccolti dal nostro nuovo rivelatore (che aveva il simpatico nome di ‘Roman pots’ perché concepito a Roma) osservai un fenomeno che da allora si chiama ‘crescita con l’energia della sezione d’urto protone-protone’ e che fece molto scalpore perché contraddiceva una teoria allora considerata molto solida (la Teoria di Regge). Quando mi resi conto di cosa i dati stavano dicendomi ho provato una grande emozione.

25 I numeri UNO - 2021 È stato questo uno dei momenti più belli della mia vita professionale; uno scienziato, infatti, spera sempre di trovarsi in una situazione nella quale vede per primo un effetto nuovo e completamente inatteso nel quadro delle teorie da tutti accettate. L’esito delle mie analisi era talmente inaspettato che gli altri membri del gruppo si mostrarono inizialmente molto scettici. Eppure, l’evidenza dei fatti era tale che si convinsero e potei presentarli nell’Auditorium del CERN gremito; in parallelo pubblicammo, con altri ricercatori, due note scientifiche che hanno obbligato i fisici a rivedere la teoria che andava allora per la maggiore. I risultati di quell’analisi furono molto apprezzati e mi valsero l’offerta di un contratto permanente al CERN. Così nel 1973 divenimmo definitivamente ginevrini. Discussione, dopo l’approvazione alla costruzione di DELPHI, con i più stretti collaboratori: Gregoire Kantardjan, Hans Jurgen Hilke e Guido Petrucci

26 I numeri UNO - 2021 IL CERN e il Big Bang Negli anni Settanta le migliaia di fisici, che lavoravano con i sincrotroni del CERN, pensavano che lo scopo principale delle loro ricerche fosse la produzione di nuovi tipi di particelle, di masse sempre maggiori, e lo studio delle loro interazioni. Nelle decadi successive la stessa comunità ha cominciato a guardare alle proprie attività da una prospettiva diversa a seguito della costruzione della teoria - che inquadra tutte queste particelle ed è oggi completa e accettata da tutti - e di discussioni con i colleghi astrofisici. Lo studio di collisioni di particelle d’energia sempre più grandi è apparso, allora, come un modo di risalire il tempo cosmico. Dopo il Big Bang l’Universo primordiale era costituito da un ‘gas cosmico’ la cui temperatura - inizialmente altissima - calava rapidissimamente a causa della continua espansione. Poiché la temperatura non è altro che l’energia media con cui le particelle del gas si urtano, al trascorrere del tempo l’energia media delle collisioni calava continuamente. Poiché al CERN gli acceleratori di circonferenza sempre più grandi ci hanno permesso di studiare le collisioni che avvengono a energia sempre maggiori, quasi senza saperlo ci siamo trovati a percorrere il la brevissima storia dell’Universo in senso contrario, risalendo il corso del tempo. Le energie che avevamo a disposizione al Protosincrotrone PS, cui cominciammo a lavorare nel 1969, corrispondevano alle collisioni che accadevano un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, quando la sua temperatura era di 1000 mi-

27 I numeri UNO - 2021 Visita al CERN e a DELPHI del presidente Oscar Luigi Scalfaro. Al centro il Direttore del CERN dell’epoca, Chris Llewellyn Smith

28 I numeri UNO - 2021 liardi di gradi. Le collisioni che abbiamo studiato al secondo acceleratore del CERN, gli Intersecting Storage Rings ISR, accadevano a un tempo cento volte minore, quando la temperatura era dieci volte più grande. Nelle decadi successive l’entrata in funzione del Superprotosincrotrone SPS (1975), del Large Electron Positron collider LEP (1989) e del Large Hadron Collider LHC (2010) ci hanno fatto andare ancora più indietro nel tempo, fino a raggiungere il milionesimo di milionesimo di secondo dopo il Big Bang. In questa nuova prospettiva, i tunnel scavati cento metri sottoterra nella campagna Ginevrina, che va dall’aeroporto al Jura, hanno permesso a qualche decina di migliaia di scienziati - oggi provenienti non soltanto dai ventitré paesi membri del CERN (tutti europei tranne Israele), ma anche da settanta paesi di tutto il mondo - di risalire il tempo dell’Universo primordiale di un milione di volte. Abbiamo cosi compreso cosa è allora successo e come i fenomeni studiati hanno dato forma all’Universo di oggi, che non solo è molto freddo (- 270 gradi centigradi) ma è anche fatto soltanto dalle tre particelle più leggere, gli elettroni e i due quark, cui sono stati dati i nomi di quark-u e quark-d. Questa è la ‘fisica bella’ cui ho dato piccoli contributi lavorando ai primi quattro dei cinque acceleratori del CERN e partecipando alla costruzione e utilizzazione di rivelatori sempre più grandi. Negli anni sessanta-settanta i rivelatori delle particelle prodotte nelle collisioni erano, infatti, piccoli e, quindi, anche i gruppi sperimentali - che li inventavano e li costruivano - erano piccoli; al PS la collaborazione CERN-ROMA era costituita da dieci fisici, agli ISR eravamo pochi di più. Per la serie successiva di esperimenti, fatti allo SPS, ci siamo uniti a gruppi tedeschi, olandesi e russi ed eravamo una cinquantina; il nostro rivelatore di neutrini pesava cinquecento tonnellate. Si trattava di rivelatori grandi, complicati e pieni di elettronica sofisticatissima; i dati raccolti erano analizzati da sistemi di computer sempre più potenti e rapidi. Ho imparato così sul ter-

29 I numeri UNO - 2021 reno aumentando gradualmente i mei livelli di responsabilità e dedicando sempre attenzione a comunicare ai dottorandi e ai giovani ricercatori ciò che avevo appreso e immaginato. Infine, nel 1980 mi sono trovato ad essere nel posto giusto al momento giusto così da diventare, a quarantasei anni, coordinatore eletto (‘spokesperson’) della collaborazione internazionale DELPHI (acronimo per “Detector with Lepton, Photon and Hadron Identification”) che ha cominciato a prendere dati nel 1989 al quarto grande acceleratore del CERN, il Large Electron Positron collider LEP. Quando lasciai DELPHI, tredici anni dopo, vi lavoravano cinquecento fisici provenienti da quaranta istituti di venti diversi paesi, dal Brasile all’Unione Sovietica passando per tutti i principali Paesi europei, la Finlandia e la Polonia, ben al di là della cortina di ferro. Raccogliemmo i primi dati nel 1990 e il rivelatore - che era lungo dodici metri e alto dodici metri e conteneva il solenoide superconduttore più grande mai costruito - ci dette molte soddisfazioni perché cominciammo a pubblicare risultati originali e interessanti. Inoltre, con il collega Wim de Boer di Karlsruhe e un suo dottorando, pubblicammo nel 1991, con i primi dati raccolti, un lavoro scientifico sull’unificazione delle forze fondamentali che ebbe un’immediata e grande risonanza, anche su alcuni giornali quotidiani, ed è citato ancora adesso molto frequentemente. I fisici maturi miei coetanei, che dirigevano gli altri tre rivelatori del LEP, e alcuni colleghi di DELPHI cominciavano a pensare alla progettazione dei rivelatori, due volte più grandi e molto più complessi, che sarebbero stati necessari per fare ricerca con lo LHC, al quale Carlo Rubbia, che all’epoca era Direttore del CERN, aveva dato grande impulso. Ma io mi chiedevo “Che contributo originale e possibilmente unico potrò dare all’attività di ricerca fondamentale con il Large Hadron Collider che non abbia già dato con il LEP?”. Fu così che, come disse mia moglie, decisi di tornare al primo amore, la fisica utile dell’Istituto Superiore di Sanità, e diedi le dimissioni da spokesperson di DELPHI lasciando la fisica delle particelle.

30 I numeri UNO - 2021 La Fondazione TERA La decisione era in gestazione da tempo. Negli anni avevo, infatti, continuato a insegnare la fisica medica a un corso postlaurea della Statale di Milano e nel 1990 avevo partecipato a un concorso universitario vincendo una cattedra di fisica medica, prima a Firenze e poi a Milano. Inoltre, pur lavorando intensamente alla fisica bella del CERN, seguivo costantemente l’evoluzione delle applicazioni degli acceleratori alla terapia dei tumori. Avevo così visto che negli Stati Uniti e in Giappone si cominciavano a utilizzare fasci di radiazioni diverse dai raggi X per trattare, con più precisione ed efficacia, i tumori solidi. Si trattava di fascetti di protoni e ioni carboniocon, fascetti - costituiti da milioni di particelle al secondo - che hanno un diametro di qualche millimetro e sono accelerati - per esempio da un sincrotrone - fino a 0,25 GeV (per i protoni) e 5 GeV (per gli ioni carbonio) in modo da raggiungere tumori solidi che si trovano anche a profondità di 30 cm nel corpo del paziente. Il trattamento è indolore, dura uno o due minuti e il paziente torna al Centro ogni giorno per quattro-cinque settimane. Le energie di protoni e ioni carbonio sono molto basse rispetto a quelle usate nei sincrotroni del CERN e, quindi, gli acceleratori sono molto più piccoli; per esempio per gli ioni carbonio sono sufficienti sincrotroni che hanno diametri dieci volte inferiori ai duecento metri del Protosincrotrone del CERN. Con i protoni si possono irradiare tumori profondi con precisione millimetrica, rispar-

31 I numeri UNO - 2021 Con Fabiola Gianotti e Gaudenzio Vanolo, Segretario Generale di TERA, in occasione dei 21 anni della Fondazione TERA

32 I numeri UNO - 2021 miando - molto meglio di quanto già non si faccia con i raggi X - i tessuti sani circostanti. Gli ioni carbonio hanno inoltre la caratteristica di distruggere con grande efficacia le cellule dei tessuti tumorali permettendo la cura di quel 5% dei tumori solidi che non si possono curare perché sono ‘radioresistenti’, non sono cioè sensibili né ai raggi X né ai protoni. Per compiere il grande passo, nel maggio del ’91, scrissi con un amico, il fisico medico Giampiero Tosi, un rapporto scientifico che portava il titolo ‘Per un Centro di teleterapia con adroni’; proponevamo di costituire un gruppo di fisici e ingegneri per progettare e costruire un centro per la terapia dei tumori che utilizzasse questa nuova tecnica. La parola ‘adroni’ compariva nel titolo perché per i fisici sono ‘adroni’ tutte le particelle (non fondamentali) fatte di quark; protoni e ioni carbonio (fatti di 6 neutroni e 6 protoni) sono quindi tutti adroni. Per questo in un Congresso del 1992 usai pere la prima volta il termine ‘adroterapia’ che ebbe immediato successo e che, tradotto in molte lingue, è oggi utilizzato nel mondo internazionale della fisica medica. I primi fondi per la progettazione di questo centro - che chiamai fin dall’inizio ‘Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica CNAO’ - ci furono assegnati dall’INFN ma avevamo bisogno di molti più collaboratori e così, per raccogliere finanziamenti e pagare il personale necessario, nel settembre del 1992 fu creata la fondazione TERA (acronimo che sta per ‘Terapia con Radiazioni Adroniche’). Scegliemmo come sede amministrativa Novara, dove il giovane e attivissimo Segretario Generale Gaudenzio Vanolo viveva, e, come sede operativa, il CERN, ove i nostri studi e laboratori sono ospitati sulla base di un accordo di collaborazione con il Laboratorio europeo. Qui lavoro da moltissimi anni con un gruppo di ingegneri e fisici per sviluppare i nostri programmi e disegnare le componenti dei nostri acceleratori, sempre in collaborazione con il CERN e con alcuni dei suoi bravissimi ingeneri. A lungo il mio più stretto collaboratore è stato Sandro Rossi, che attualmente è Direttore Generale della Fondazione CNAO, e sono stato molto aiutato da Elio Borgonovi, noto economi-

33 I numeri UNO - 2021 sta della Salute alla Bocconi e Vicepresidente di TERA, e da Roberto Orecchio, attuale Direttore scientifico dell’IEO e membro del Consiglio. In parallelo alla progettazione del CNAO abbiamo lavorato alla concezione e progettazione di un innovativo tipo di acceleratore per la terapia con protoni: un acceleratore lineare di nuova concezione. Negli anni abbiamo passato knowhow e brevetti a una start-up londinese, Advanced Oncotherapy, che sta terminando la costruzione dei primi due Centri, uno a Birmingham e l’altro a Londra. Per il CNAO abbiamo avuto fin dall’inizio l’appoggio di Umberto Veronesi ma, durante gli anni Novanta, i Ministri della Salute mi ricevevano, promettevano - spesso dopo aver nominato una commissione - e non mantenevano. Dopo dieci anni di tentativi, nel 2000 Giuliano Amato scelse come Ministro della Salute Umberto Veronesi che, dopo un paio di mesi, mi telefonò e disse: “Ugo, adesso lo facciamo”. Nella legge di bilancio dell’anno 2001 furono perciò inseriti i primi venti milioni per la costruzione, da parte dell’appena creata Fondazione CNAO, del centro progettato da TERA in collaborazione con il CERN. Dopo l’insediamento del Governo Berlusconi il Ministro Girolamo Sirchia nominò l’ennesima Commissione che, dopo molte discussioni, diede parere parere favorevole. La costruzione del CNAO iniziò così a Pavia nel 2005 su un terreno opportunamente vicino all’Ospedale San Matteo. Sono stato per tutti questi anni membro del Consiglio della Fondazione CNAO e ho avuto la soddisfazione di accompagnarne gli sviluppi e i successi. A oggi con il nostro sincrotrone da settantacinque metri di conferenza sono stati trattati – nel quadro del Servizio Sanitario Nazionale - tremilacinquecento pazienti; si può stimare che la vita di circa mille di essi sia stata risparmiata per merito dell’adroterapia, di cui con il CNAO il nostro Paese è all’avanguardia nel mondo. Il CNAO è un esempio di come gli acceleratori di particelle, inventati e costruiti dai fisici per studiare la fisica ‘bella’ di atomi nuclei e particelle, sono oggi anche strumenti essenziali per

34 I numeri UNO - 2021 la cura dei malati di cancro. Per descrivere questa affascinante storia ho scritto due libri: ‘Sempre più veloci’ è stato pubblicato dalla Zanichelli e “Particle accelerators: from Big Bang physics to hadron therapy” da Springer. Entrambi terminano ricordando il motto “Physics is beautiful and useful”.

35 I numeri UNO - 2021 Palazzo Altieri a Roma: dibattito con Fabiola Gianotti moderato da Gianfranco Quaglia

36 I numeri UNO - 2021 La divulgazione un ‘vizio’ di famiglia Mi è sempre piaciuto scrivere libri perché questo mi dà l’occasione di spiegare, entrando nei dettagli e utilizzando immagini e metafore originali, ciò che ho faticosamente capito e imparato. So che questa propensione viene da mia Madre Ginestra, che era una divulgatrice senza pari. Laureatasi nel 1931 in astronomia, avrebbe voluto fare la ricercatrice ma a quell’epoca l’Istituto di fisica di via Panisperna, dove lavoravano Enrico Fermi e mio Padre, era inaccessibile alle donne. Così nel 36 pubblicò, con Laura Fermi, il primo libro italiano di divulgazione della fisica più recente: ‘Alchimia del tempo nostro’. Scrisse poi per il grande pubblico molti altri libri, alcuni tradotti in diverse lingue compreso il russo. Negli anni del dopoguerra, per contribuire al rinnovamento dell’insegnamento delle scienze, i miei genitori cominciarono a pubblicare con la Zanichelli libri per le scuole secondarie. La sera decidevano insieme cosa andasse scritto e la Mamma vi lavorava di giorno. Poi, una delle sere seguenti, rileggevano e discutevano, talvolta animatamente, perché avevano idee molto diverse su come la fisica andasse spiegata; sono questi gli unici argomenti per i quali li ho sentiti litigare. Quando mia Madre, per ragioni di salute, dovette rinunciare alla scrittura, mio Padre mi chiese se fossi disposto a dargli una mano. Fu così che nell’84 uscirono i nostri primi tre volumi per i Licei Scientifici; lavorammo poi ai libri di testo

37 I numeri UNO - 2021 per tutte le altre scuole superiori. Cinque anni dopo rimasi solo a curare sempre nuove edizioni e versioni degli ‘Amaldi’, con l’aiuto prezioso alla Zanichelli di bravissimi collaboratori, cosicché più di un terzo degli studenti liceali studiano oggi fisica sui nostri testi. La Zanichelli ha stimato che, in trentacinque anni, li abbiano utilizzati più di due milioni di studenti. Il professor Amaldi in occasione della sua relazione su “Medical applications of protons and ions” alla XVIII International Linac Conference

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39 I numeri UNO - 2021 Con Piero Angela al Convegno di Piacenza in ricordo di Edoardo Amaldi

40 I numeri UNO - 2021 La Svizzera e l’Italia La Svizzera… sono cittadino svizzero dal 2006; poiché vivevamo e avevamo casa a Ginevra, quando sono andato in pensione, abbiamo deciso che fosse importante acquisire il diritto di partecipare alla vita politica locale. Anche se poi, mi spiace dirlo, non sono mai riuscito ad appassionarmi alle questioni politiche elvetiche. In Italia ho tutte le mie radici: affettive e culturali. Li è vissuta e vive la mia prima famiglia e li ho potuto frequentare un’ottima Università e anche un ottimo liceo romano, il Tasso, che mi ha formato introducendomi alla filosofia e alla storia del nostro paese. A Ginevra, con mia moglie, dopo averlo fatto con i nostri quattro figli, cerchiamo di educare anche i nostri nipoti alla cultura italiana. Credo nell’Italia, sono convinto che sia un paese unico al mondo, conosco bene la qualità dei suoi giovani e mi rivolta constatare che cose semplici non vengano fatte. Perché non fare le cose complicate è giustificato, ma non fare quelle semplici - per comodità, per disattenzione e per incuria - è colpevole. La Svizzera è un paese che ho trovato estremamente accogliente, Ginevra soprattutto. Non a caso mia moglie puntualizza sempre “io non sono svizzera, sono ginevrina”. Siamo venuti qua da giovanissimi e Ginevra è la nostra città d’adozione. Una città che amiamo moltissimo anche per il magnifico lago; mia moglie è vissuta a lungo sul lago di Como e quindi per lei vivere in una città d’acqua fa una grande differenza. Ci sono poi montagne bellissime e vicine: mi piaceva molto sciare. L’ultima sciata l’ho fatta a ottantun

41 I numeri UNO - 2021 anni, quando mia moglie ha deciso di non permettermi più d’andare a sciare con i nipoti raccomandando loro di fare attenzione al nonno. Grazie soprattutto alla sua attività, consigliera coniugale dell’associazione Couple et Famille, abbiamo avuto modo di conoscere, frequentare e apprezzare molti svizzeri, e fra loro molte giovani coppie, fortemente impegnati in campo sociale; nel volontariato ma anche a livello professionale. Questa è la parte della società locale che ci è piaciuto frequentare. Oltre, naturalmente, a un grandissimo gruppo di amici italiani di Ginevra e Losanna - tra cui i membri dell’Associazione Dirigenti Italiani all’Estero - e al vario e interessante mondo delle organizzazioni internazionali, che non avremmo mai conosciuto se avessimo vissuto a Roma. Dottorato honoris causa all’Università di Uppsala, Svezia

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43 I numeri UNO - 2021 Dal 1973 al 1984 Responsabile clienti privati per oltre 10 anni presso Euromobiliare S.p.A ha poi ricoperto posizioni dirigenziali in diversi istituti bancari: responsabile del wealth management presso Banca Manusardi. Chiamata da Banca D’Italia come responsabile Advisory clienti privati presso Banca Rasini, è diventata poi Direttore Responsabile Private Banking a Banca Profilo. È entrata a far parte del Consiglio di Amministrazione di Banca Profilo, del Consiglio di Amministrazione di Profilo Asset Management SGR (2003) e membro del comitato di gestione (dal 2003 al 2009). Nel 2008 è stata nominata Responsabile del Private Banking e membro del Comitato Esecutivo di quella che sarebbe diventata la Banque Profil de Gestion a Ginevra. Nel 2010 è stata nominata Direttore Generale e Presidente del Comitato Esecutivo. Dal 3 maggio 2021 è entrata a far parte del Consiglio di Amministrazione di Banca del Sempione SA, Lugano. Interessi Teatro - Opera - Filantropia Silvana Cavanna Membro Consiglio d’Amministrazione Banca del Sempione I NUMERI 2021

44 I numeri UNO - 2021 Al posto giusto nel momento giusto … Da giovane non pensavo certo ad una carriera in banca. L’unica cosa che desideravo era di poter diventare assolutamente indipendente. Un’aspirazione questa, che determinerà tutte le mie scelte professionali e di vita. Essendo nata nel 1952, appartengo a quella generazione che culturalmente e nel mio caso anche caratterialmente voleva dimostrare, negli anni ’70, di potercela fare da sola. Non sognavo di andare in banca ma avevo voglia di fare, di essere autonoma. Per cui sono andata via di casa ancora prima di terminare l’università e ho iniziato a lavorare e studiare, contestualmente. Ripensando ai miei esordi, ma anche in seguito, posso dire che nel mio percorso professionale è stato determinante essere arrivata nel momento giusto nei settori giusti. I miei studi universitari in scienze politiche poco c’entravano, anche se ho conseguito successivamente un Master in Private Banking alla Bocconi, con quello che poi avrei fatto. La mia prima esperienza professionale l’ho fatta in quella che si chiamava EDILCENTRO SVILUPPO SPA, con Guido Roberto Vitale. Oggi purtroppo è scomparso, a lui dobbiamo molto sia io, che la finanza italiana e quella milanese in particolare. Il mondo della finanza, sto parlando degli anni 70, era un mondo che non contemplava le donne. Io mi ci sono trovata, nel momento giusto appunto, e lì ho costruito tutta la mia carriera. Non è stato facilissimo. Ma sono stati degli anni sicuramente molto interessanti, perché è in

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46 I numeri UNO - 2021 quel periodo che è andata configurandosi la finanza come la conosciamo oggi. Se sono riuscita ad affermarmi lo devo a tanto lavoro e anche a parecchio sacrificio naturalmente, sorretto dalla volontà incrollabile di voler fare e di voler arrivare a raggiungere gli obiettivi che di volta in volta mi prefissavo. Non posso neppure dire di esser stata particolarmente influenzata da mio padre, che lavorava in un istituto di credito, anche se, EDILCENTRO in quegli anni, era legata a MEDIOBANCA e mio padre quell’ambiente lo conosceva bene. La mia necessità era di rendermi indipendente! Inizialmente quindi, il mondo della finanza lo sentivo estraneo, coltivando l’idea un po’ romantica e di moda all’epoca di essere “figlia dei fiori”, c’è stato un momento in cui mi sono chiesta che cosa ci facessi lì. Ma è stato, appunto, un momento. Con molto impegno, gli obiettivi che man mano mi sono posta sono stati raggiunti. Sono stati anni molto intensi in termini sia quantitativi che qualitativi, sicuramente molto stimolanti. Anche se, con la maturità che di solito accompagna il “senno di poi”, conoscendo la realtà della finanza di oggi, potessi tornare indietro forse, non ripartirei da questo settore. Di fatto è anche un settore che di per sé rischia di essere piuttosto arido in particolare se lo si riduce al mero valore venale. Di una cosa però sono contenta: di non essermi fatta influenzare più di tanto dal “valore che rappresenta” e di essere sempre riuscita a mantenermi ad una distanza di sicurezza. Lo devo sicuramente ai valori di famiglia, una solida base che mi ha permesso di attraversare questo mondo dominato solo da uomini, in un’epoca particolare in cui l’unico valore era veramente il denaro, senza esserne contaminata. Mi sono salvata, non mi ha condizionato più di tanto nel privato, di certo non ha modificato i miei valori. È iniziata così la mia avventura nel mondo della finanza. In seguito, merito anche dei buoni risultati ottenuti, è stato sempre un po’ più difficile uscirne. Erano anni talmente “emozionanti”, che mi interessava e mi piaceva l’idea di capire fino a che punto sarei potuta arrivare. Tanto è vero che, all’età di ventotto anni, sono arrivata fra le prime donne, se non la prima, ad essere membro di direzione in una struttura finanziaria.

47 I numeri UNO - 2021 Ho tirato dritto senza ripensamenti Raggiungere quel traguardo non è stato semplice, qualcosa “sul campo” l’ho dovuto sacrificare: per esempio la mia identità di donna. In effetti a quell’epoca in azienda mi chiamavano con il nome del mio diretto superiore: lui era Giovanni e io, di rimbalzo ero “Giovanna”. In buona sostanza, per essere presa in considerazione dovevo evitare che gli altri pensassero di avere a che fare con una ragazza. A quel punto ho vissuto un primo momento di sbandamento. Mi sono chiesta se ne valesse la pena. Ma, come detto, è stato un momento, poi ho tirato dritto senza ripensamenti. Non ho più cambiato settore. D’altronde, con il tempo, mi sono resa conto che ero sempre più apprezzata come professionista. L’idea di cambiare settore, o ambito di lavoro, non mi ha più sfiorato. Sono rimasta lì. Lungo la mia carriera, stiamo parlando di quasi cinquanta anni, non ho cambiato molti posti di lavoro. Mi è successo quattro o cinque volte. Sempre restando in piccole strutture. Non ho mai amato quelle grandi. Ho sempre privilegiato ambienti di lavoro dove fosse possibile una crescita in una dimensione umana. Le scelte che hanno caratterizzato il mio percorso fra l’85 e il ’95, sono state più che altro di tipo manageriale. Negli anni precedenti, avevo capito, visto e sperimentato che molti uomini - all’epoca in ruoli manageriali c’erano solo uomini - arrivati in posti di comando, in realtà, avevano difficoltà nella gestione del capitale umano. Un conto è essere uno specialista di settore, diverso è essere capace di gestire gli esseri umani, di motivarli, di farli crescere, di tenere insieme

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